Orgoglio e umiltà
- by AR
-
Visite: 246
20 gennaio 2019
Lettura: testi vari
Il re Ezechia (II Re 18:1)
All’inizio del suo regno, Ezechia, riferendosi ai suoi predecessori disse (II Cronache 29:6): “…hanno abbandonato il nostro Dio…non hanno più offerto profumi e bruciato olocausti”. A causa di ciò, l’ira del Signore era sopra Israele, e il popolo era abbandonato all’oppressione, alla desolazione ed allo scherno.
Il re, Ezechia operò in modo giusto agli occhi del Signore (II Re 18:3-4). Difatti soppresse gli alti luoghi, abbatté gli idoli di Astarte, fece abbattere il serpente di rame che Mosè aveva forgiato, riaprì le porte della casa del Signore che oramai erano chiuse da tempo ristabilendo il culto nel tempio. Ebbe completa fiducia Dio (II Re 18:3) al contrario dei suoi predecessori. Ezechia visse in un contesto di grande crisi nazionale perché vi fu l’invasione degli Assiri durante il suo regno (II Re 18:13 – 19: 34). Egli, nonostante non avesse consiglio e forza per muovere guerra (II Re 18:19) confidò in Dio rifiutando la proposta del re Assiro il quale voleva convincere il popolo di Giuda a lasciare la propria nazione garantendogli del cibo. Ma Ezechia aveva la certezza che il Signore l’avrebbe liberato dal dominio Assiro. (II Cronache 32:8) …non vi sgomentate… …con noi è Uno più grande di ciò che è con lui… con lui è un braccio di carne…con noi è il Signore nostro Dio. A questa parole seguì l'intervento di Dio che mandò un angelo che sterminò l'accampamento del re Assiro. Non perse la sua fiducia in Dio anche quando venne colpito da una malattia che lo avrebbe condotto alla morte: la Sua supplica al Signore (Isaia 38:5) venne accolta e la vita gli venne prolungata di 15 anni.
Il Re Ezechia non fu riconoscente del beneficio ricevuto (II Cronache 32:25-26) “il suo cuore s'inorgoglì e l'ira del SIGNORE si volse contro di lui, contro Giuda e contro Gerusalemme. Tuttavia Ezechia si umiliò dell'essersi inorgoglito in cuor suo: tanto egli, quanto gli abitanti di Gerusalemme; perciò l'ira del SIGNORE non si riversò sopra di loro durante la vita di Ezechia”. Durante gli anni “prolungati”, gli nacque Manasse.
Il re Manasse
Dedicò la sua vita al peccato cancellando tutto quello che suo padre Ezechia aveva fatto: fece ciò che male agli occhi del Signore e lo fece appositamente per provocare la sua ira (II Re 21:1-6); seguì le abominazioni dei pagani e fece peggio; riedificò gli alti luoghi e servì altri dei;fece passare suo figlio per il fuoco (consacrazione al dio Moloc) disprezzando la consacrazione dei figli d’Israele come appartenenti all’unico vero Dio; istituì gli evocatori di spiriti (pratiche sataniche); perseguitò coloro che si opponevano all’idolatria e che non si erano inginocchiati davanti a Baal: sparse moltissimo sangue innocente (da un estremità all’altra di Gerusalemme II Re 21:16); trasformò il tempio ed eresse immagini e altari all’interno del luogo dove Dio disse a Salomone “qui porrò il mio nome per sempre” con l’intento chiaro di allontanare completamente dalla memoria il nome del Dio d’Israele; indusse il popolo di Giuda a peccare; riempì la misura della colpa della città fino all’orlo: il giudizio di Dio era fondato (II Re 21:6) “Io faccio venire su Gerusalemme e su Giuda tali sciagure perché hanno fatto il male…ripulirò Gerusalemme come si ripulisce un piatto, che dopo lavato si volta sotto sopra”.
Successivamente, quando il re Manasse venne deportato in Babilonia, alla fine del Suo regno, nella sua angoscia si umiliò profondamente (II Cronache 33:12) e Dio si arrese alle Sue preghiere. Manasse riconobbe che il Signore è Dio.
Il re Giosia (II Re 22-23)
Eredita dal padre un contesto spirituale e morale in cui il popolo di Giuda operava malvagiamente, si era dato all’idolatria e aveva dimenticato Dio e i prodigi che Egli aveva operato a suo favore. Nonostante Giosia era nato da un padre definito malvagio e non ricevette alcuna educazione né alcun esempio, egli “non deviò né a destra e né a sinistra”. La rotta che seguì Giosia era quella tracciata da Dio (II Re 23:25). Andare a destra o a sinistra poteva dire seguire i consigli di uomini vicini a Manasse che avevano approvato il suo operato, ma Giosia non si fece influenzare. Nel XVIII anno Giosia di preoccupò di riparare il tempio. Erano trascorsi circa due decenni! Un ritardo forse imposto da un potere che andava via via consolidandosi perché dovette fare i conti con non poca opposizione; (v. 8) «Ho trovato nella casa del SIGNORE il libro della legge». Forse era stato messo da parte distrattamente (come alcuni fanno con le proprie Bibbie) o qualcuno l’aveva nascosto con l’intento di preservarlo dalla distruzione. Una sola copia autentica del pentateuco che, grazie a Chilchia e per la grazia di Dio, è giunta ai nostri giorni. “Safan lesse il libro in presenza del Re…il re si straccio le vesti”. Ciò significa che al re il contenuto del libro era qualcosa che risultava nuovo. In altre parole, il libro della legge non veniva più letto da anni (e il re avrebbe dovuto farlo ogni giorno Deuteronomio 17:19)
Fece ciò che è giusto agli occhi di Dio e lo fece con tutto il suo cuore e la sua anima (non si può dare un importanza secondaria alle cose di Dio).Riconobbe le condizioni di malvagità in cui versava il suo regno a causa dei suoi predecessori, la gravità delle malvagità ed il giudizio che stava di lì a poco per abbattersi sul suo regno. (v.13) “Andate a consultare l’Eterno per me…poiché grande è l’ira di Dio …perché i nostri padri non hanno ubbidito”. L’intento del re era quello di allontanare il giudizio di Dio. Chi teme il giudizio di Dio dev’essere sollecito ad ottenere il suo favore mediante la riconciliazione ch’Egli opera per mezzo del Suo Figlio Gesù Cristo. La risposta di Dio fu questa (vv.15-17), “dite a quell’uomo la mia ira si è accesa contro questo luogo …e non si spegnerà”. Il giudizio di Dio è sulla base delle parole lette nel libro ritrovato. La Scrittura trova pieno adempimento.
Giosia ricevette la benedizione di Dio durante il Suo regno: ci fu solo il rinvio della calamità e, pur non potendo evitare la rovina, non cadde nella disperazione e fece un patto con Dio e con il popolo che gli stava dinanzi: impegnarsi a seguire il Signore e osservare i suoi comandamenti. Quindi ordinò di togliere dal tempio ogni tipo di utensile per il culto di Baal, di Astarte e dell’esercito celeste, destituì i sacerdoti idolatri, tolse la prostituzione che si praticava nella casa dell’Eterno, rimosse gli altari idolatri e gli alti luoghi di fronte a Gerusalemme, tolse gli evocatori di spiriti e ristabilì la celebrazione della pasqua che dai tempi dei giudici non era stata più celebrata.
Prima di Giosia non c’era stato alcun re che si era convertito al Signore con tutto il suo cuore e l’anima sua seguendo in tutto la legge di Mosè. Dopo di lui non nè sorse uno simile.
Il re Giosia morì a 40 anni a Meghiddo durante l’affronto che fece al Faraone alleandosi con il re d’Assiria. (II Cronache 35:22-23) ”e non diede ascolto alle parole di Neco, che venivano dalla bocca di Dio”.
Considerazioni
Analogalmente a Ezechia e Giosia, che potremmo classificarli come “buoni”, vi furono altri re che potremmo considerarli tali. Anche il re Asa, dopo aver fatto tanto bene (I Re 15:11) ...fece ciò che è giusto agli occhi del SIGNORE, come aveva fatto Davide suo padre, alla fine della sua vita si alleò con la Siria, s’indignò contro un profeta (II Cronache 16:10) e divenne crudele anche contro alcuni del popolo.
Un altra classifica è quella dei re "cattivi" come Manasse, ma ci furono anche Acab (I Re 16:29) che “fece del male agli occhi del Signore” , ma alla fine della sua vita si umiliò davanti a Dio (I Re 21:29) …si è umiliato davanti a me? Poiché egli si è umiliato davanti a me, io non farò venire la sciagura mentre egli è ancora vivo; ma manderò la sciagura sulla sua casa, durante la vita di suo figlio. O come Geroboamo (I Re 13:13) che “non abbandonò la sua malvagità, ma quando si ammalò il figlio si rivolse ad un profeta per conoscere le sue sorti”.
Manasse, Acab, Geroboamo, furono dei re che fecero del male agli occhi di Dio, ma in un momento della loro vita si ulimiarono e Dio rispose loro. Dio risponde a chi si umilia.
Pur essendo dei credenti maturi possiamo inorgoglirci esattamente come hanno fatto Ezechia, Giosia e Asa. Non possiamo in alcun modo credere che la nostra maturità spirituale comporti una "rendita". Analizziamo noi stessi perchè, se non lo facciamo, corriamo il serio pericolo di inorgoglirci. Ad esempio ci trasciniamo un peccato che abbiamo commesso pensando che sia una cosa di poco conto e quindi riteniamo non necessario chiedere perdono a Dio. Le persone orgogliose vedono i difetti degli altri con il microscopio e i propri con il telescopio, ma le persone umili stimano gli altri superiori a se stessi. Abbiamo chiesto perdono? Non viviamo una fede finta. Possiamo vincere tante battaglie, ma ogni giorno il Signore ci sfida ad essere umili.