La svolta
- by AR
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29 gennario 2023
Lettura: Michea 6:1-8; 7:18-20
Il libro lo possiamo suddividere in tre sezioni in cui vi è un’alternanza di catastrofe e di speranza:
Nella prima sezione, che interessa i primi due capitoli, la catastrofe profetizzata è l’assedio del popolo d’Israele ed è conseguente al peccato di cupidigia, ovvero il desiderio smodato ed egocentrico di ottenere ciò che appartiene ad un altro, a qualsiasi costo e con ogni mezzo. Il messaggio di speranza è che Dio radunerà il suo popolo.
Nella seconda sezione (vv. 3:1 a 4:5) Michea denuncia il peccato di corruzione: i sacerdoti e i profeti, venivano pagati per ostentare una falsa sicurezza: non ci verrà addosso nessun male! La conseguente catastrofe fu il silenzio di Dio, ovvero nessuna risposta quando i capi avrebbero chiesto l’aiuto di Dio. Gerusalemme, in cui si potevano ammirare capolavori architettonici di centinaia di anni di lavoro, sarebbe diventata un campo arato con una manciata di alberi sparsi.
Il messaggio di speranza che chiude la seconda sezione del libro (Michea 4:1-5), è un chiaro riferimento al regno milleniale in cui satana sarà legato per mille anni e non potrà sedurre le nazioni.
La terza sezione del libro (4:9 - 7:20) in contrasto ad un popolo sotto assedio, deportato e di un re umiliato, viene ritratto un dominatore che governa con forza il suo popolo che vive nella sicurezza. Una sofferenza limitata la cui fine è segnata dal ritorno degli esuli e lo stabilirsi di un regno di pace in cui Cristo sarà il re.
Nei primi versi del capitolo 6 (1:5) Dio contende con il suo popolo e vuole discutere con Israele manifestando la sua giustizia e le sue opere in favore del popolo d’Israele: di come l’ha tirato fuori dall’Egitto e riguardo all’episodio di Balac.
Nei versi successivi, all’”Io” di Dio, si contrappone l’”io” di un coinvolgimento personale del profeta in cui si chiede:
(Michea 6:6-7) Con che cosa verrò in presenza del SIGNORE e mi inchinerò davanti al Dio eccelso? Verrò in sua presenza con olocausti, con vitelli di un anno? Gradirà il SIGNORE le migliaia di montoni, le miriadi di fiumi d'olio? Dovrò offrire il mio primogenito per la mia trasgressione, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?
Gli olocausti erano sacrifici in cui si faceva bruciare l’intero animale senza trattenere alcuna parte da mangiare. Notiamo un balzo a livello quantitativo che era solo nelle possibilità del re o addirittura sacrificare il proprio primogenito che era cosa assolutamente vietata. Niente di tutto questo.
Spesso tali interrogativi si basano sull’assunzione che Dio vuole qualcosa, ma la forma corretta della domanda è invece questa: cosa desidera Dio da me? Quello che Dio vuole è che il suo popolo adotti un certo stile di vita sintetizzato nel fare, nell’amare e nel camminare.
(Michea 6:8) O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il SIGNORE, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?
Fare, in altri termini, è il praticare la giustizia. La giustizia era venuta meno: i potenti opprimevano gli indifesi, i lavoratori venivano sfruttati, nei tribunali regnava la corruzione. Praticare la giustizia significa operare per l’equità di tutti, aiutando i più deboli.
Amare la misericordia (hesed). È lo stesso termine che ritroviamo in 7:18: perché si compiace di usare misericordia. È un amore contraddistinto da un forte elemento di fedeltà che non conosce interruzioni (nei rapporti umani è tra marito e moglie), benevolenza (l’amore di amicizia) e bontà (chi ha delle doti moralmente approvate).
Camminare umilmente con il tuo Dio, un verbo che descrive l’orientamento complessivo che uno dà alla propria vita che ciascuno dovrebbe intraprendere nella sua quotidianità. Umilmente è tradotto con prudentemente o cautamente.
Una considerazione nei versi (7:8-9) in cui il popolo è in rovina, si trova nell’oscurità, deriso dai suoi nemici, e la sua città è distrutta: ci troviamo in una datazione post-esilio (587 a.C.) immediatamente successiva al ritorno in patria (538 a.C.) in cui i detti di Michea furono riordinati e il libro assunse la sua forma definitiva.
Il popolo d’Israele afferma di essere caduto e di trovarsi in rovina (7:8-10), ma malgrado ciò, manifesta la convinzione che Dio sarà la sua luce. Una catastrofe conseguente lo “sdegno del Signore” (v.9). Se in precedenza il profeta aveva fatto notare il peccato del popolo (cupidigia e corruzione), in questo contesto il popolo lo riconosce!
Riconoscere il proprio peccato è la svolta per vedersi difendere la propria causa davanti ad un tribunale… finché egli difenda la mia causa e mi faccia giustizia (7:9).
Il popolo chiederà a Dio di pascerli (7:14). L’immagine di Dio come pastore ricorre in tutte e tre le sezioni del libro (2:12; 5:3). Un popolo che viveva l’ora più buia della sua storia e aveva visto la derisione dei nemici, ha espresso la sua fiducia in Dio ed è incoraggiato con parole di speranza (v.11) Verrà il giorno in cui le tue mura saranno ricostruite; quel giorno saranno allargati i tuoi confini.
(Michea 7:18-20) Quale Dio è come te, che perdoni l'iniquità e passi sopra alla colpa del resto della tua eredità? Egli non serba la sua ira per sempre, perché si compiace di usare misericordia. Egli tornerà ad avere pietà di noi, metterà sotto i suoi piedi le nostre colpe e getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati. Tu mostrerai la tua fedeltà a Giacobbe, la tua misericordia ad Abraamo, come giurasti ai nostri padri, fin dai giorni antichi.
Una domanda a cui si può solo rispondere “non c’è nessun Dio come te!”. È un modo per esprimere la meraviglia di ciò che Dio ha fatto e continua a fare.
(Esodo 15:11) Chi è pari a te fra gli dèi, o SIGNORE? Chi è pari a te, splendido nella tua santità, tremendo anche a chi ti loda, operatore di prodigi? [cantico di Mosè quando Dio ha salvato il popolo d’Israele sul mar Rosso]
Spesso tale interrogativo è associato al potere di Dio sulla natura e sulla storia (Esodo 15:11; Salmo 77).
Da un lato il libro di Michea si apre con l’annuncio della venuta del Signore per punire Israele e Giuda, dall’altro si conclude con un inno che esprime meraviglia per la grazia della clemenza di Dio e lo fa con sette asserzioni:
1) Dio perdona l’iniquità. Il perdono dell’iniquità, nell’A.T. consisteva nel rito del capro espiatorio in cui il sommo sacerdote confessava le colpe del popolo. Poi il capro veniva mandato nel deserto perché portasse tutte le iniquità del popolo in una regione solitaria. È la stessa immagine che troviamo in Isaia 53 in cui il servo ha portato i peccati di molti, e sappiamo bene che il servo è Gesù Cristo. La grandezza di Dio è espressa con il perdono dei peccati.
2) Dio passa sopra la colpa. Colpa deve tradursi con ribellione usato per indicare la rivolta di un figlio nei confronti del genitore. Dio passa sopra le offese.
3) Dio non serba la sua ira in Eterno. In proporzione, l’ira di Dio, è trascurabile rispetto alla sua misericordia (Esodo 20:5-6)
4) Dio si compiace di usare misericordia. La fedeltà di Dio non conosce interruzioni.
5) Egli tornerà ad avere pietà di noi. Il significato principale della parola pietà è dolcezza o gentilezza, mentre il termine ebraico significa grembo e illustra il concetto dell’immagine dell’amore di una madre per il proprio figlio o l’amore di un padre per i suoi figli.
(Isaia 49:15) Una donna può forse dimenticare il bimbo che allatta, smettere di avere pietà del frutto delle sue viscere? Anche se le madri dimenticassero, non io dimenticherò te.
(Salmo 103:13) Come un padre è pietoso verso i suoi figli, così è pietoso il SIGNORE verso quelli che lo temono.
6) metterà sotto i suoi piedi le nostre colpe.
7) Dio getterà in fondo al mare tutti i nostri peccati
(Giudici 20:16) Fra tutta questa gente c'erano settecento uomini scelti, che erano mancini. Tutti costoro potevano lanciare una pietra con la fionda a un capello, senza fallire il colpo
Brani che ripercorrono il messaggio evangelico in cui si descrive la clemenza di Dio e il perdono dei peccati con un amore radicale come quello espresso nella parabola del figliol prodigo (Luca 15:11-32).
Dio ha manifestato la sua clemenza con l’opera di Cristo. Termini come redenzione, espiazione, giustificazione che ritroviamo nel nuovo testamento, attingono il linguaggio figurato dell’antico testamento. Cristo è l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo (Giovanni 1:29 - Romani 3:23-26). Riconoscere il proprio peccato è la svolta per vedersi difendere la propria causa davanti ad un tribunale.
(I Giovanni 2:1) Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.