Il fattore infedele
- by DDC
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02 marzo 2023
Lettura: Luca 16:1-13
Il brano che il Signore mi ha messo nel cuore di voler condividere con voi questa sera è una parabola: è uno di quei brani che vengono etichettati sempre come “brani difficili”. Molti sostengono che in questo brano si trovi una delle contraddizioni che si possono trovare nel testo biblico: la parabola del Fattore Infedele.
(Luca 16:1-13) Gesù diceva ancora ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un fattore, il quale fu accusato davanti a lui di sperperare i suoi beni. Egli lo chiamò e gli disse: "Che cos'è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché tu non puoi più essere mio fattore". Il fattore disse fra sé: "Che farò, ora che il padrone mi toglie l'amministrazione? Di zappare non sono capace; di mendicare mi vergogno. So quello che farò, perché qualcuno mi riceva in casa sua quando dovrò lasciare l'amministrazione". Fece venire uno per uno i debitori del suo padrone, e disse al primo: "Quanto devi al mio padrone?" Quello rispose: "Cento bati d'olio". Egli disse: "Prendi la tua scritta, siedi, e scrivi presto: cinquanta". Poi disse a un altro: "E tu, quanto devi?" Quello rispose: "Cento cori di grano". Egli disse: "Prendi la tua scritta, e scrivi: ottanta". E il padrone lodò il fattore disonesto perché aveva agito con avvedutezza; poiché i figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce. E io vi dico: fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; perché quando esse verranno a mancare, quelli vi ricevano nelle dimore eterne. Chi è fedele nelle cose minime, è fedele anche nelle grandi; e chi è ingiusto nelle cose minime, è ingiusto anche nelle grandi. Se dunque non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà quelle vere? E, se non siete stati fedeli nei beni altrui, chi vi darà i vostri? Nessun domestico può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona».
La Parola di Dio è un testo molto affascinante capace, dietro un’attenta lettura con uno spirito proteso all’ascolto, di stravolgere con pochi versi, la vita delle persone. Conosciamo migliaia di testimonianze di uomini che sono passati da questa esperienza. Noi tutti qui riuniti siamo l’esempio vivente di questo miracolo. Però è doveroso fare una distinzione tra chi è stato stravolto dalla parola di Dio e chi, invece, stravolge la Parola di Dio. Basta poco per estrapolare un versetto o una frase dal suo contesto per poter creare delle vere e proprie eresie. I più grandi movimenti pseudo cristiani fondano la loro dottrina su estrapolazioni di brani biblici dal loro contesto.
Se facessimo leggere ad una persona che non ha mai letto la Bibbia, brani come Luca 14:26 (Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo) o Matteo 5:29-30 (Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo. E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo) potremmo anche farle credere che Gesù incita i suoi discepoli a commettere parenticidi e suicidi vari senza crearsi nessuno scrupolo o veri e propri atti di automutilazione.
Eppure noi che abbiamo una visione del contesto biblico riusciamo bene a capire il significato delle parole che Gesù diceva (anche se espresse con termini forti): Non tanto odiare, ma mettere al secondo posto nella propria vita; non tanto mutilarsi ma non tollerare il peccato e le circostanze che ti portano a commetterlo. La stessa cosa capita al primo approccio del brano poc'anzi letto: basta un niente per far affermare la parola di Dio una delle più grandi contraddizioni che essa conterebbe.
Cerchiamo di capire con l'aiuto della Parola di Dio stessa il significato dell’esempio che ci ha voluto lasciare Gesù. Possiamo dividere il brano in due parti: 1) La narrazione della parabola stessa (vv. 1-8) 2) La sua applicazione pratica (vv. 9-13).
Per prima cosa bisogna sottolineare i destinatari della lettera: Nella maggior parte delle parabole non vi erano destinatari specifici, invece in questa parabola i destinatari sono i discepoli e tutti coloro che riescono a identificarsi con l'appellativo "Figli della luce", ovvero tutte quelle persone che hanno fatto di Gesù il proprio personale Signore e Salvatore (Efesini 5:8 - perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce).
Se premettiamo questo, sarà più facile capire il perché Gesù utilizza degli esempi e dei termini così forti. Le persone che circondavano Gesù difficilmente avrebbero travisato le sue parole, cogliendo, invece, il senso del discorso che il Signore stava facendo.
Se ci fermiamo a considerare i nostri rapporti personali possiamo notare che anche noi ci comportiamo nella stessa identica maniera: Con i nostri amici, con i nostri parenti o con i nostri fratelli e sorelle in Cristo abbiamo la possibilità di fare un discorso tralasciando alcuni aspetti o utilizzando i cosiddetti "termini impropri". Chi ci conosce capisce perfettamente il senso del discorso che portiamo avanti.
Anche in questa situazione succede la stessa cosa, infatti dopo che Gesù ebbe finito i suoi discorsi non viene riportata nessun’obiezione da parte dei suoi discepoli; tutto il contrario avvenne, invece, con i Farisei che udirono la parabola, leggiamo il v.14 “I farisei, che amavano il denaro, udivano tutte queste cose e si beffavano di lui". Tutti coloro che non conoscevano Gesù non riuscirono a comprendere il significato delle parole che il Signore voleva esprimere.
La parabola in questione narra della vicenda di un fattore, quello che non oggi chiameremo amministratore, che invece di salvaguardare quello che il suo padrone gli aveva affidato, sperperava le ricchezze non sue. Avvenne che il proprietario dei beni venne a conoscenza di questo suo fare disonesto e lo avvisa che presto gli avrebbe revocato l'incarico.
La verità centrale di questa parabola riguarda la reazione che il fattore ebbe all'annuncio che il suo tempo di essere amministratore stava per finire. Il fattore comincio subito a pensare alla sua vita di dopo, al suo avvenire: Il fattore disse fra sé: "Che farò, ora che il padrone mi toglie l'amministrazione? Di zappare non sono capace; di mendicare mi vergogno.
Sapendo che la sua vita attuale stava per essere stravolta e il suo incarico stava per finire, il fattore s’impegnò a pensare per il suo avvenire; si rese conto che non era preparato a quello che stava per succedere e cominciò a pensare ad un'alternativa per il suo futuro.
Allora per farsi degli amici che, nel momento del bisogno potesse da assumerlo, mise in conto a due debitori dell'uomo ricco una quantità di beni inferiori a quello che effettivamente dovevano: 50 bati di olio anziché 100 e 80 cori di grano invece di 100. Agendo così, quelle persone si sarebbero sentite in debito con lui, e lo avrebbero accolto in casa loro quando il padrone lo avrebbe licenziato. Con questa tattica, il fattore si stava preparando per il suo avvenire.
Egli stava utilizzando i mezzi che aveva a disposizione per provvedere al suo futuro. Tutto ciò risulta evidente al vasetto 4: “So quello che farò, perché qualcuno mi riceva in casa sua quando dovrò lasciare l'amministrazione”.
A questo punto, arriviamo ad un versetto che ha creato grande confusione in tante persone, perché non hanno tenuto conto dei principi di come interpretare una parabola. Leggiamo il versetto 8, e poi consideriamo attentamente il suo significato: “E il padrone lodò il fattore disonesto perché aveva agito con avvedutezza; poiché i figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce.”
Il padrone lodò il fattore. Molte persone, non leggendo attentamente il testo, pensano che il padrone lodò il fattore perché era stato disonesto. Ma questo è capire male il brano. Notiamo attentamente il motivo per cui il padrone lodò il fattore. Il padrone non lodò il fattore perché era stato disonesto. Non lo lodò neppure perché lo aveva frodato. Il padrone lodò il fattore perché aveva agito con avvedutezza. Infatti, qui troviamo la verità centrale della parabola cioè, l'importanza di vivere con avvedutezza, pensando al proprio avvenire.
Cosa vuol dire la parola avvedutezza? Secondo il dizionario vuol dire: “comportarsi con saggezza, in modo prudente, in modo saggio”. Prepararsi per l'avvenire è avvedutezza!
La parabola descrive una situazione terrena, per mettere in evidenza una verità spirituale. L'aspetto principale del perché il padrone loda è molto semplice: Questo fattore si stava preparando per suo avvenire con l’unico modo che conosceva. Era avveduto, pensava al suo futuro, e si mise al lavoro per avere un avvenire migliore.
Gesù dichiara in questa parabola che i figli del mondo sono più avvenuti nella loro generazione dei figli della luce. La parola mondo in questo contesto vuol dire sistema di cose. Quindi, non indica delle persone particolarmente malvagie ma semplicemente quelle persone che non conoscono Dio e che perciò non concepiscono l'eternità come i credenti, che sono chiamati i figli della luce.
Per i figli di questo mondo, tutto e qui sulla Terra. Invece, noi che siamo figli della luce sappiamo che questa vita è solo temporanea, che abbiamo tutta l'eternità davanti a noi. Spesso, i figli di questo mondo agiscono con più avvedutezza dei figli della luce: i figli di questo mondo si impegnano per il loro avvenire su questa Terra molto più di quanto i figli della luce si impegnano per il loro per avvenire e cioè per l'eternità.
Per questo motivo, Gesù dichiara che i figli della luce sono meno avveduti di quanto lo sono i figli di questo mondo. Quanti di noi che ci definiamo credenti, appena si alzano ogni mattina il primo pensiero va a come accumulare tesori in cielo. Quanti noi durante la settimana pensano e riescono a fare qualcosa per potersi guadagnare qualche premio in cielo. Quanti di noi stanno pensando concretamente alle corone che il Signore ha preparato per ogni suo servitore attivo.
L'apostolo Paolo paragona l’avvedutezza per il futuro all'attività fisica. L'esempio rende perfettamente l'idea in quanto non possiamo dire che facciamo attività fisica se rimaniamo fermi sul divano o su una sedia. L'attività fisica è l'opposto del restare fermi.
(I Corinzi 9: 24-27) Non sapete che coloro i quali corrono nello stadio corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo. Chiunque fa l'atleta è temperato in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, per una incorruttibile. Io quindi corro così; non in modo incerto; lotto al pugilato, ma non come chi batte l'aria; anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato.
Tutti coloro che non riescono a sperimentare una visione della vita cristiana del genere, l'apostolo li paragona a persone che camminano in modo incerto, a dei pugili inefficaci che non colpiscono il proprio avversario ma battono l'aria ossia non raggiungono il loro obiettivo. Ed è proprio questa la avvedutezza che spesse volte manca ai figli di Dio; ed è proprio di questa avvedutezza che il Signore Gesù ci trova carenti e ci invita a metterla in atto.
Nell’applicazione di questa parabola, Gesù dichiara: E io vi dico: fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; perché quando esse verranno a mancare, quelli vi ricevano nelle dimore eterne. Chi è fedele nelle cose minime, è fedele anche nelle grandi; e chi è ingiusto nelle cose minime, è ingiusto anche nelle grandi. Se dunque non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà quelle vere?
Gesù dice di fare amicizie con le ricchezze ingiuste. Queste “ricchezze ingiuste” sono i beni, le opportunità, le qualità che abbiamo e che non sono doni spirituali. Cioè, ogni credente ha delle capacità naturali e dei beni come li hanno tutti i non credenti. Ogni credente ha esattamente 24 ore al giorno, come ogni non credente. Ogni credente ha dei soldi da gestire, come anche ogni non credente. Ogni credente ha la tua forza fisica da gestire come anche un non credente. Queste sono le ricchezze ingiuste. Queste ricchezze possono arrivare già prima della salvezza.
Gesù dichiara che dobbiamo fare amicizie con le ricchezze ingiuste. L'amicizia di cui parla Gesù non è una semplice amicizia terrena, ma piuttosto, indica il fatto di usare i mezzi che Dio ci ha affidato per portare altre persone nel regno di Dio. Poi, quando le ricchezze verranno a mancare, ovvero quando arriveremo alla fine di questa vita e lasceremo questo mondo, questi amici, cioè le persone che abbiamo aiutato a trovare la salvezza, ci riceveranno nelle dimore eterne. In parole semplici dobbiamo usare i mezzi che abbiamo per portare il più grande numero di persone possibili alla salvezza.
Questa è una verità incredibile. Possiamo impegnare i mezzi che Dio ci ha dato in questa vita, il nostro tempo, i nostri soldi, le nostre capacità, per portare del frutto spirituale che duri per l'eternità. Possiamo usare i nostri mezzi per aiutare altri a conoscere Cristo e a crescere nella fede. Facendo così avremo una gioia più grande quando arriveremo nell'eternità. Un brano che spiega questo principio è in cui Paolo spiega a Timoteo cosa doveva insegnare i ricchi, a coloro cioè che avevano più del minimo per sopravvivere.
(I Timoteo 6: 17 -19) Ai ricchi in questo mondo ordina di non essere d'animo orgoglioso, di non riporre la loro speranza nell'incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che ci fornisce abbondantemente di ogni cosa perché ne godiamo; di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere generosi nel donare, pronti a dare, così da mettersi da parte un tesoro ben fondato per l'avvenire, per ottenere la vera vita.
Questo è lo stesso principio nella nostra parabola di oggi. È importante investire quello che abbiamo in questa vita per la nostra eternità. Come il fattore utilizzò i mezzi che aveva a sua disposizione per prepararsi per il suo avvenire, così anche noi dobbiamo usare mezzi che abbiamo per prepararci per il nostro avvenire. Un tesoro in cielo, come Gesù dichiara.
(Matteo 6: 19-21) «Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non scassinano né rubano. Perché dov'è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore.
Avere a cuore una persona o un’attività ci spinge ad impegnarci con tutto noi stessi per il nostro obiettivo. Se il nostro obiettivo saranno le ricchezze spirituali, anche lì sarà il nostro cuore e tutto quello che faremo sarà orientato verso l’accrescimento del nostro tesoro.
Carissimi, anche noi siamo tutti dei fattori. Avremo tutti da rendere conto a Dio della nostra amministrazione. I pochi anni su questa terra passeranno ben presto. Abbiamo tutta l’eternità davanti a noi. Impariamo dal fattore della parabola. Impegniamoci per il nostro avvenire.
Chiaramente, per vivere così, dobbiamo ricordare che quello cha abbiamo è un dono di Dio. Tutto quello che abbiamo appartiene a Dio. Teniamo questo sempre in mente, e così, potremmo ringraziare Dio come dovremmo e sapremo anche investire meglio tutto ciò che il Signore ci ha affidato.
Utilizziamolo per portare gloria a Dio. Dedichiamoci ad investire tutto quello che Dio ci ha dato per la sua gloria. Viviamo in modo da poter sentire un giorno il nostro Signore dire: “Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore” (Matteo 25:23).