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by AR
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12 marzo 2023
Lettura: Giona 1

George Williams scrive così riguardo al libro del profeta Giona: “Il libro è unico nel suo genere poiché è più incentrato sul profeta stesso che sulla profezia che egli fu chiamato ad annunciare. La condizione della sua anima e la disciplina amorosa di Dio nei suoi confronti ammaestrano e rendono umile il lettore”.

Il libro di Giona si apre con il termine “vayehi” che si può tradurre con “avvenne che”. È una parola importante che ci fa comprendere che il libro di Giona inizia con una narrazione che consiste non tanto nel messaggio che egli è chiamato a trasmettere, ma di un messaggio incentrato sulla vita e sull’esperienza di Giona. Un libro che ci parla della storia di Giona, ma è più esatto dire della storia tra Giona e Dio.

(II Re 14:25) Egli ristabilì i confini d'Israele dall'ingresso di Camat al mare della pianura, come il SIGNORE, Dio d'Israele, aveva detto per mezzo del suo servitore il profeta Giona, figlio di Amittai, che era di Gat-Efer.

Giona, figlio di Amittai, era un profeta originario di Gat-Efer (regno del nord, una città sulla riva occidentale del mar di Galiela), all’epoca di Geroboamo II (786 – 746 a.C.).

Gesù stesso fece riferimento a Giona quale segno della sua morte, sepoltura e risurrezione.

(Matteo 12:40) Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell'uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti.

(Matteo 16:4) Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno, e segno non le sarà dato se non quello di Giona. E, lasciatili, se ne andò.

Il significato del nome Giona è colomba. In alcuni passi della bibbia, la colomba è utilizzata alcune volte come immagine di Israele (Osea 7:11; 4:11; Salmo 74:19). Questa metafora ritrae tipologicamente l’esperienza di Giona come il passato, il presente e il futuro della nazione d’Israele: testimone di Dio presso gli stranieri, geloso della decisione di Dio di estendere agli stranieri il messaggio di grazia, disperso tra le nazioni ma non assimilato, ristabilito sulla terra ferma e benedizione per le nazioni. Infatti, l’apostolo Paolo in qualche modo costituisce il libro di Giona come una rappresentazione del fatto che il Dio d’Israele è anche il Dio degli altri popoli e che la caduta d’Israele ha rappresentato una benedizione per gli stranieri.

(Romani 3:29) Dio è forse soltanto il Dio dei Giudei? Non è egli anche il Dio degli altri popoli? Certo, è anche il Dio degli altri popoli.

(Romani 11:12-15) Ora io dico: sono forse inciampati perché cadessero? No di certo! Ma a causa della loro caduta la salvezza è giunta agli stranieri per provocare la loro gelosia. Ora, se la loro caduta è una ricchezza per il mondo e la loro diminuzione è una ricchezza per gli stranieri, quanto più lo sarà la loro piena partecipazione! Parlo a voi, stranieri; in quanto sono apostolo degli stranieri, faccio onore al mio ministero, sperando in qualche maniera di provocare la gelosia di quelli del mio sangue, e di salvarne alcuni. Infatti, se il loro ripudio è stato la riconciliazione del mondo, che sarà la loro riammissione, se non un rivivere dai morti?

(Giona 4:1) Giona ne provò gran dispiacere, e ne fu irritato… perché i niniviti si convertirono dalla loro malvagità.

(Giona 4:11) …e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?

La prima località nominata è Ninive, descritta sia in termini quantitativi (una gran città che erano necessari tre giorni di cammino per attraversarla) e sia qualitativi (una popolazione incline alla malvagità e alla violenza). Una città tuttavia degna di lode perché si pente del male commesso (3:10). Ninive conobbe il suo apogeo durante il regno di Sennacherib (704 – 681 a.C.) divenendo capitale dell’Assiria.

Cosa significava Ninive per gli antichi lettori del libro di Giona? Nel 722 a.C. gli Assiri conquistarono il regno del nord e ne deportarono i suoi abitanti. Qualche anno più tardi per poco non riuscirono a mettere anche le mani su Gerusalemme. Ninive, con la sua fama di città violenta, era il simbolo di tutto ciò che contrastava il Signore ed anche della malvagità che con il suo giogo crudele faceva patire.

(Naum 3:19) Non c'è rimedio per la tua ferita; la tua piaga è grave; tutti quelli che udranno parlare di te batteranno le mani per la tua sorte; su chi infatti non è passata la tua malvagità senza fine?

Era comprensibile quindi che un profeta israelita potesse essere riluttante ad accettare una missione in una città centro di violenza e di terrore, definibile come nemico per antonomasia.

La seconda località menzionata è Tarnis. L’ubicazione rimane tutt’ora incerta, ma si concorda sul fatto che fosse situata nel territorio dell’odierna Spagna.

Quando Dio disse a Giona di recarsi a Ninive in direzione nord-ovest, il profeta si dirige verso sud-est, verso il porto marittimo di Iafo (odierna Giaffa).

(Giona 1:2) «Àlzati, va' a Ninive, la gran città, e proclama contro di lei che la loro malvagità è salita fino a me».

Nella Bibbia ci sono altri comandi di questo tipo. Ad esempio Dio disse ad Elia di alzarsi e andare ad abitare a Sarepta (II Re 17:9-10) ed egli si levò e andò a Sarepta. Anche nel libro di Giona segue la stessa narrazione …Giona partì e andò verso Ninive (Giona 3:2-3), ma prima di ciò Giona scende prima a Iafo e poi nella nave che si recava verso Tarsis.

Una cosa importante da sottolineare è che Giona sta fuggendo lontano alla presenza del Signore e questo viene ripetuto per ben due volte (Giona 1:3). Che ne sarà di Giona in fuga dal compito che Dio gli ha assegnato? Che cosa ne sarà di Ninive, la grande e malvagia città?

Si scappa da una relazione o da una comunità. Agar fugge dalla sua padrona (Genesi 16:6-8), Giacobbe fugge da Labano (Genesi 31:20), Mosè dal Faraone. L’idea è quella di rompere un rapporto con il passato e di cominciare una nuova vita al di fuori di essi. È possibile sottrarsi a una relazione o a una comunità, ma solo per Giona ci viene detto che intendeva fuggire dalla presenza del Signore.

Giona scopre una cosa importante: è impossibile fuggire dalla presenza di Dio.

(Salmo 139:7-10) Dove potrei andarmene lontano dal tuo Spirito, dove fuggirò dalla tua presenza? Se salgo in cielo tu vi sei; se scendo nel soggiorno dei morti, eccoti là. Se prendo le ali dell'alba e vado ad abitare all'estremità del mare, anche là mi condurrà la tua mano e mi afferrerà la tua destra.

La vicenda di Giona ci dimostra tre cose:

La prima è che il Salmo 139 dice la verità. Né nel profondo del mare, né nel ventre del pesce, né nei sobborghi di Ninive il profeta riuscì mai ad allontanarsi dalla presenza di Dio.

La seconda è che è impossibile sottrarsi ai compiti assegnati da Dio. Il motivo che aveva indotto Giona a fuggire è che non voleva avere alcuna parte nella missione di Dio. Nel tentativo di dileguarsi, il profeta investì tempo e denaro perché un biglietto da Iafo a Tarnis non doveva essere affatto economico e con il rischio soprattutto di rimetterci la vita. Nonostante ciò non riuscì a scansare il compito affidatogli da Dio.

La terza cosa è l’impossibilità di evitare l’amore di Dio… anche là mi condurrà la tua mano e mi afferrerà la tua destra. Giona scoprì la verità di questa affermazione perché sperimentò il fatto di inabissarsi nel profondo nel mare e poi ritrovarsi seduto su una spiaggia soleggiata dove Dio si ripresentò nuovamente e gli disse: “Alzati, và a Ninive”.

L’impossibilità di sottrarsi all’amore divino era evidente anche all’apostolo Paolo. Ragion per cui scrisse che niente può separare il popolo di Dio dall’amore che è mostrato in Cristo Gesù.

(II Corinzi 11:24-27) Dai Giudei cinque volte ho ricevuto quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe; una volta sono stato lapidato; tre volte ho fatto naufragio; ho passato un giorno e una notte negli abissi marini. Spesso in viaggio, in pericolo sui fiumi, in pericolo per i briganti, in pericolo da parte dei miei connazionali, in pericolo da parte degli stranieri, in pericolo nelle città, in pericolo nei deserti, in pericolo sul mare, in pericolo tra falsi fratelli; in fatiche e in pene; spesse volte in veglie, nella fame e nella sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e nella nudità. Oltre a tutto il resto, sono assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che mi vengono da tutte le chiese.

(Romani 8:38-39) Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

Gesù raccontò la storia di un giovane che non vedeva l’ora di fuggire dall’atmosfera opprimente della vita familiare. Partì, ma presto la sua vita precipitò nel caos. “Rientrato in sé” si ricordò del suo affezionato padre e quando ritornò a casa, scoprì di non essere mai riuscito a sottrarsi dall’amore di suo Padre.

Cosa significa Ninive per i noi oggi? Da che parte stai andando?

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