La seconda change
- by AR
-
Visite: 101
11 giurno 2023
Lettura: Giona 3-4
La prima scena che vediamo nel libro di Giona è il tentativo di fuggire dalla presenza di Dio. Quindi Giona si ritrova su una nave diretta verso Tarsis.
La seconda scena si apre con un progressivo peggioramento del tempo che la nave su cui si trovava Giona era sul punto di sfasciarsi. In questa parte di narrazione, Giona è l’israelita, che entra in scena tardi e ne esce presto. Il suo comportamento è in netto contrasto con quello dei marinai: se questi erano sul ponte per salvare l’imbarcazione, Giona dorme profondamente in fondo alla nave. Inoltre, mentre i marinai pregavano, non si ode una sola parola di preghiera da parte di Giona.
Quando è messo alle strette, fa questa dichiarazione:
(Giona 1:9) Egli rispose loro: «Sono Ebreo e temo il SIGNORE, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terraferma».
Se è vero che Giona è in grado di parlare di Dio, a differenza dei marinai non parla a Dio. Sa fare delle osservazioni teologiche, ma sta fuggendo.
Così Giona, senza successo di sottrarsi alla volontà di Dio, per punizione viene gettato in mare. Dio incarica un grosso pesce di inghiottire Giona. Per Giona non c’è possibilità di fuga perché chiuso da pesanti sbarre di ferro che non danno alcuna via di scampo. Dio dopo aver risparmiato a Giona la morte per annegamento, gli concede un’altra possibilità sulla terra ferma. L’affermazione sul Signore come fonte di liberazione viene riassunta nel seguente verso
(Giona 2:10b-11) La salvezza viene dal SIGNORE». E il SIGNORE diede ordine al pesce, e il pesce vomitò Giona sulla terraferma.
Dio concede a Giona una seconda possibilità: Giona si trova seduto su una spiaggia del mediterraneo è senza dubbio è scosso dalla straordinaria esperienza che ha vissuto. Dio gli parla per la seconda volta:
(Giona 3:2) «Àlzati, va' a Ninive, la gran città, e proclama loro quello che io ti comando».
(Giona 3:4) Giona cominciò a inoltrarsi nella città per una giornata di cammino e proclamava: «Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta!»
Giona quindi si alzò e partì verso Ninive. Ninive è definita una città grande davanti a Dio. La prima cosa che emerge è che Giona adempie il suo incarico cominciando ad inoltrarsi con una predicazione che consta di cinque parole ANCORA, QUARANTA, GIORNI, NINIVE, DISTRUTTA.
La predicazione di Giona è definibile poco entusiastica o riluttante, ma succede una cosa straordinaria: i Niniviti credono in Dio, proclamano un digiuno e indossano abiti di lutto. Il comportamento del re è esemplare: si mortifica spogliandosi dei simboli dell’autorità e si veste di sacco e si siede sulla cenere. Decreta l’istituzione di un digiuno generalizzato che si estende persino agli animai e ammonisce tutti a convertirsi dalla malvagità e dalla violenza.
(Giona 3:9) Forse Dio si ricrederà, si pentirà e spegnerà la sua ira ardente, così che noi non periamo.
Il re si rende conto che digiunare non garantisce una risposta favorevole da parte del Signore. La cosa migliore è dire: “Chissà”. È un’affermazione molto simile a quella del capitano della nave quando si rivolge a Giona dicendogli:” Che fai qui? Dormi? Àlzati, invoca il tuo dio! Forse egli si darà pensiero di noi e non periremo”.
È da notare che il re non ha alcuna presunzione di controllare l’operato di Dio e sa che il suo pentimento non garantisce automaticamente la salvezza. Dio, dopo aver visto che i Niniviti si erano pentiti dalle proprie malefatte, rinuncia a mettere in atto il castigo annunciato.
(Giona 3:10) Dio vide ciò che facevano, vide che si convertivano dalla loro malvagità, e si pentì del male che aveva minacciato di far loro; e non lo fece.
Dio si era interessato della città di Ninive e Giona proclamò che nell’arco di quaranta giorni la città sarebbe stata distrutta (è lo stesso termine che viene utilizzato in relazione alle città di Sodoma e di Gomorra). Ninive è etichettata come città spregevole e sanguinaria, piena di menzogna, violenza e che nessuno si sarebbe dispiaciuto per la sua fine.
Chiunque, se avesse ricevuto un incarico come Giona, si sarebbe mosso nella direzione opposta, e se fosse stato costretto l’avrebbe fatto con la stessa riluttanza. Dio ha a cuore le sorti delle città di Ninive.
Quali erano i peccati meritevoli di castigo? Giona di fatto annuncia solo la distruzione della città molti avrebbero potuto considerare le parole di Giona come vaneggiamenti di un religioso fanatico… ma tutti i Niniviti credettero in Dio.
Dio ha cuore le sorti delle città in cui viviamo, e la storia di Giona c’insegna che noi, come chiesa, dobbiamo preoccuparcene. Questa è la ragione dell’esistenza della chiesa: il bene per tutti gli altri popoli, il sale della terra, la luce del mondo, il corpo tramite il quale il Cristo risorto porta a termine la sua opera.
(Giona 4:10-11) Il SIGNORE disse: “Tu hai pietà del ricino per il quale non ti sei affaticato, che tu non hai fatto crescere, che è nato in una notte e in una notte è perito; e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?”
Nel momento in cui Dio rinuncia alla distruzione della città di Ninive, il profeta ne è molto irritato (4:1). Il termine irritato, letteralmente significa arrabbiato. Quando Giona si trova all’interno del pesce intona una preghiera di ringraziamento a Dio per avergli salvato la vita, adesso implora Dio di porre fine alla sua vita… Perciò, SIGNORE, ti prego, riprenditi la mia vita; poiché per me è meglio morire piuttosto che vivere.
Come si spiega un simile capovolgimento? Allora pregò e disse: «O SIGNORE, non era forse questo che io dicevo, mentre ero ancora nel mio paese? Perciò mi affrettai a fuggire a Tarsis. Sapevo infatti che tu sei un Dio misericordioso, pietoso, lento all'ira e di gran bontà e che ti penti del male minacciato.
Cosa avrebbe affermato Giona? Che Ninive si sarebbe pentita e Dio avrebbe mostrato misericordia. In altre parole il desiderio di Giona è che la grazia di Dio non si estenda agli assiri. La cosa che fa arrabbiare Giona è che Dio si pente del male che aveva minacciato di fare verso gli assiri. In questo caso il profeta preferisce tirarsi fuori, preferisce morire piuttosto che vivere!
Giona fa una cosa: esce da Ninive e trova un posto per sedersi e osservare ciò che sarebbe successo. L’umore di Giona oscilla tra alti e bassi: quando il Signore fa crescere una pianta di ricino, Giona prova una grandissima gioia. Quando il Signore ordina ad un verme di distruggere la pianta e fa soffiare da est un vento soffocante, Giona invoca nuovamente la morte.
(Giona 4:9-11) Dio disse a Giona: «Fai bene a irritarti così a causa del ricino?» Egli rispose: «Sì, faccio bene a irritarmi così, fino a desiderare la morte». Il SIGNORE disse: «Tu hai pietà del ricino per il quale non ti sei affaticato, che tu non hai fatto crescere, che è nato in una notte e in una notte è perito; e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?»
A maggior ragione è il tema di questi versi.
Chi è Giona?
In primo luogo è senza dubbio un credente, conosce il suo credo e sa come pregare. Per qualche ragione Giona è anche un credente adirato. Questo ha a che fare con il pentimento di Dio in merito alla distruzione di Ninive. Giona era irritato perché forse il fatto che Ninive sarebbe stata risparmiata avrebbe messo in dubbio la sua reputazione di profeta? Molto più probabilmente perché aveva avuto l’impressione che se solo fosse stata concessa una sola possibilità, gli Assiri si sarebbero pentiti.
In altre parole a Giona non andava bene che gli Assiri potevano godere dell’amore di Dio, e per questo motivo esce fuori la città. Le domande che vengono rivolte al profeta, sono rivolte agli ascoltatori che possono identificarsi con Giona e soffrire della sua stessa sindrome.
I lavoratori della vigna che avevano lavorato tutto il giorno si lamentarono quando videro che gli operai assunti all’ultima ora avevano ricevuto lo stesso compenso che era spettato a loro. La parabola si conclude con questa domanda: Vedi tu di mal occhio che io sia buono?
L’altra parabola è quella dei due figli: quando il figlio sciupone e ribelle torna a casa, il padre organizza un ricevimento in suo onore, e il fratello maggiore rifiuta di unirsi ai festeggiamenti. Rimane col broncio a causa della generosità del padre.
Ninive è il simbolo dei popoli del mondo che in un momento di crisi si pentono dalla loro malvagità e dalla loro violenza. Questa storia c’insegna la compassione e la misericordia di Dio. Dio non vede in Ninive solo una grande città malvagia, ma anche migliaia di persone indifese e animali innocenti.
La storia di Giona termina con un interrogativo in cui Dio rivolge a noi oggi: perché l’amore di Dio non dovrebbe estendersi alle grandi metropoli della terra? Che possiamo essere dei servitori fedeli senza pregiudizi nel mondo che ci circonda.
(Matteo 12:41) I Niniviti compariranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c'è più che Giona!