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Su cosa è impostato il tuo GPS

Su cosa è impostato il tuo GPS

by GP
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18 ottobre 2020
Lettura: testi vari

Vorrei porvi una domanda: qual è l’obiettivo finale nella tua vita?

Quasi certamente risponderete: “fare la volontà di Dio e vivere secondo i suoi piani”, ma, se ci fermiamo a guardare attentamente alla nostra vita e siamo onesti con noi stessi, ci rendiamo conto che molto spesso questa risposta si pone in contraddizione con la triste realtà quotidiana.

Infatti, le nostre buone intenzioni fanno spesso i conti con i compromessi con i quali scendiamo a patti per poter avere una vita un po’ più confortevole o per giustificare le nostre azioni.

La cosa triste è che spesso non ce ne rendiamo conto e questo perché siamo facilmente ingannati dall’apparenze delle cose.

Quante volte ci siamo trovati a giustificare noi stessi dicendo: “in fondo questa è una cosa buona, le mie intenzioni non sono quelle di fare del male anzi, è il contrario”, “non ci vedo niente di male, e non va in contraddizione con i miei valori” o altre frasi del genere che ripetiamo a noi stessi ed alla fine ci persuadiamo che sia così.

Purtroppo viviamo in una società corrotta ed il concetto di buono o cattivo, giusto o sbagliato, molto spesso sono decisi dalla nostra personale interpretazione delle cose o da come la società ci porta a vedere le cose.

Applichiamo così spesso queste regole anche nella nostra vita cristiana senza accorgerci che le nostre buone intenzioni e interpretazioni ci stanno portando alla deriva e su una strada pericolosa.

(Proverbi 14:12) C’è una via che all’uomo sembra dritta ma che conduce alla morte.

In questo passo, Dio, attraverso Salomone ci sta dicendo qualcosa di cruciale per la nostra vita: “‘fai attenzione e valuta bene ogni cosa non basandoti su una tua interpretazione personale, ma, guardando ed ascoltando Me”.

Nella Bibbia ci sono numerosi esempi di ciò che a tante persone sembrava giusto o buono da fare.

(I Samuele 15:13-15) Samuele andò da Saul; e Saul gli disse: «Il SIGNORE ti benedica! Ho eseguito l'ordine del SIGNORE». Samuele disse: «Che cos'è dunque questo belar di pecore che mi giunge agli orecchi e questo muggire di buoi che sento?»  Saul rispose: «Sono bestie condotte dal paese degli Amalechiti; perché il popolo ha risparmiato il meglio delle pecore e dei buoi per farne dei sacrifici al SIGNORE, al tuo Dio; il resto, però, l'abbiamo votato allo sterminio».

Qui leggiamo delle buone intenzioni di Saul che aveva deciso di risparmiare il meglio delle bestie del paese per farne un’offerta a Dio. Se leggessimo solo questi versi potremmo pensare e dire: ‘beh, ha fatto una cosa lodevole ed il suo proposito era di onorare il Signore’, ma se leggiamo qualche verso oltre la storia cambia:

(I Samuele 15:18-22) Il SIGNORE ti aveva affidato una missione, dicendo: "Va', vota allo sterminio quei peccatori degli Amalechiti, e fa' loro guerra finchéé siano sterminati". Perché dunque non hai ubbidito alla voce del SIGNORE? Perché ti sei gettato sul bottino e hai fatto ciò che è male agli occhi del SIGNORE?» Saul disse a Samuele: «Ma io ho ubbidito alla voce del SIGNORE, ho compiuto la missione che il SIGNORE mi aveva affidata, ho condotto qui Agag, re di Amalec, e ho votato allo sterminio gli Amalechiti; ma il popolo ha preso, fra il bottino, delle pecore e dei buoi come primizie di ciò che doveva essere sterminato, per farne dei sacrifici al SIGNORE, al tuo Dio, a Ghilgal». Samuele disse: «Il SIGNORE gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l'ubbidire alla sua voce? No, l'ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni.

Ciò che sembrava giusto a Saul si è rivelato essere un peccato agli occhi di Dio. Saul aveva ricevuto un ordine ben preciso, quello di votare allo sterminio ogni cosa incluso il bestiame. Saul ha fatto affidamento sulla sua personale interpretazione di cosa fosse giusto fare, nonostante conoscesse ciò che avrebbe dovuto fare.

(Matteo 16:21-23) Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso, e risuscitare il terzo giorno. Pietro, trattolo da parte, cominciò a rimproverarlo, dicendo: «Dio non voglia, Signore! Questo non ti avverrà mai». Ma Gesù, voltatosi, disse a Pietro: «Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini».

Altro esempio è quello di Pietro, il quale ha ritenuto giusto rimproverare Gesù. In fondo nei suoi propositi di proteggerlo dalla violenza degli scribi e sacerdoti, cosa c’era di sbagliato? Se fossimo stati al posto di Pietro avremmo reagito allo stesso modo.

Gesù in modo forte fa notare a Pietro che ciò che a lui sembrava giusto era una cosa scandalosa. Pietro ha visto tutto attraverso l’ottica umana e non secondo quelli che erano i piani di Dio, eppure Pietro aveva trascorso tre anni con Gesù, sapeva che era il Messia, conosceva le Scritture e quello che i profeti avevano scritto a proposito di Gesù. Pietro aveva interpretato tutto secondo il proprio criterio di giusto o sbagliato.

Come Saul e Pietro ce ne sono tanti di personaggi. Da Abramo a Davide e tanti altri che sono giunti alla conclusione di ciò che era giusto e sbagliato secondo i propri standard d’interpretazione.

Alla luce di quanto detto vorrei porvi di nuovo la stessa domanda: qual è l’obiettivo finale nella tua vita? È il tuo obiettivo che determina la direzione.

È come il GPS (il navigatore) del tuo smartphone che ti dirige verso una direzione preimpostata, anche se pensi che finirai in un altro posto. Non conosci le strade, ma hai fiducia che ti porterà a destinazione.

Così è della nostra vita: stiamo seguendo le indicazioni di Dio anche quando non conosciamo la strada o stiamo cercando di sceglierle noi con la speranza che ci condurranno al posto desiderato?

Come con il GPS dello smartphone l’unica cosa certa è che quando prendiamo le nostre decisioni per evitare questa o quella strada che non sembra confortevole, tutto sulla base del nostro ‘buon senso’ e delle nostre ‘buone intenzioni’, è che ci troviamo a girare per vie che non ci conducono a niente e rischiano di non farci mai arrivare a destinazione.

A volte i nostri obiettivi possono anche sembrare in linea con la volontà di Dio, come condurre anime a Dio e volerlo servire e sono tutte buone intenzioni, giuste e desiderabili.

Ma sapete, anche Giuda Iscariota aveva gli stessi obiettivi. Lui ha lasciato ogni cosa per seguire Gesù, ha guarito i malati, ha scacciato i demoni, eppure Giuda è all’inferno.

Personalmente quando ho meditato ho tremato al solo pensiero, Giuda ha fatto quello che io voglio fare e alla fine è perduto per sempre.

Questo mi ha portato a chiedermi qual è l’obiettivo finale nella mia vita? Dio mi ha mostrato la storia di Mosè.

Mosè era un israelita cresciuto alla corte del faraone, nel lusso e nello sfarzo, nonostante ciò non era soddisfatto. Qualcosa dentro Mosè gli diceva che lui non avrebbe ottenuto quello che più desiderava se fosse rimasto nel posto in cui era cresciuto, quindi lasciò ogni lusso per poter giungere alla ricompensa.

Quale era questa ricompensa? Neanche Mosè lo sapeva inizialmente (proprio come quando impostiamo il nostro GPS). Fu quarant’anni dopo aver lasciato il palazzo del faraone che lui incontra Dio e sperimenta la Sua presenza (potete trovare la storia in Esodo 3).

Una volta accaduto ciò, lo scopo di Mosè era stabilito. Possiamo vedere ciò più avanti nel libro dell’Esodo.

Infatti, in Esodo 33, leggiamo che Mosè ha condotto il popolo d’Israele fuori dall’Egitto. Questo è un tempo molto stressante e difficile per lui. Tutta la nazione non approva le sue scelte, ed il deserto attraverso il quale lui ed il popolo stanno attraversando è pieno di sfide.

Vagare nel deserto non sembra migliore della schiavitù in Egitto. Tuttavia, il popolo ha una speranza: Canaan, la loro terra promessa, un luogo che Dio ha detto sia traboccante di abbondanza.

Dio ha dato istruzioni a Mosè di portare il popolo in questa terra. Dio dice questo a Mosè:

(Esodo 33:1-3) Il Signore disse a Mosè: «Va', sali di qui, tu con il popolo che hai fatto uscire dal paese d'Egitto, verso il paese che promisi con giuramento ad Abraamo, a Isacco e a Giacobbe, dicendo: Io lo darò alla tua discendenza. Io manderò un angelo davanti a te e scaccerò i Cananei, gli Amorei, gli Ittiti, i Ferezei, gli Ivvei e i Gebusei. Egli vi condurrà in un paese dove scorre il latte e il miele; ma io non salirò in mezzo a te, perché sei un popolo dal collo duro, e potrei anche sterminarti lungo il cammino».

Dio dichiara che manderà un angelo davanti a lui per guidarli e scacciare gli altri popoli.

Ma c’è solo un problema: Dio stesso non andrà.

(Esodo 33:15) Mosè gli disse: «Se la tua presenza non viene con me, non farci partire di qui.

La risposta di Mosè è sbalorditiva. In sostanza, dice a Dio: "Se devo scegliere tra la tua presenza e la tua benedizione, prenderò la tua presenza”. Questa è stata la grande ricompensa di Mosè. Niente gli importava di più che conoscere Dio intimamente.

Si può dire lo stesso di noi? Prima di poter rispondere sì a quella domanda, devi prima essere in grado di rispondere a un'altra. Sai cosa significa essere alla presenza di Dio?

La passione per Dio che Mosè possedeva viene solo dall'esperienza diretta della Sua presenza. E Dio vuole che lo sperimentiamo!

(Giacomo 4:8) Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi. Pulite le vostre mani, o peccatori; e purificate i vostri cuori, o doppi d'animo!

Possiamo avvicinarci a Dio pregando, adorando e leggendo la Sua Parola, non come obblighi ma perché stiamo perseguendo una relazione con una Persona.

Cercare Dio stesso è ciò che ci protegge dalla tentazione di attività minori, comprese quelle che sembrano buone in superficie.

Fai dell'intimità con Lui il tuo obiettivo più grande!

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