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Perdonare è gioia

Perdonare è gioia

by EC
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01 marzo 2020
Lettura: Luca 15:11-32

Insieme alla parabola del figliol prodigo ci sono altre due parabole: la dramma perduta, e la pecora smarrita. (Luca 15:1) ...tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinavano a lui per ascoltarlo. Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro.

La parabola racconta una verità con fatti di vita ordinari. Tre parabole per fa capire un concetto importante: Gesù è venuto per cercare e trovare ciò che era perduto. La parabola del figliuol prodigo è chiamata anche parabola del Padre misericordioso, ma anche di un Padre che perdona.

(v.12) Il padre non si oppone al desiderio del figlio di ricevere la parte dei suoi beni. Un figlio, poteva chiedere ai genitori la sua parte di eredità, ma la conseguenza era quella di essere cancellato nella casata della famiglia.

Il figlio rientrò in se. Accedere alla grazia di Dio, e quindi al perdono, bisogna riconoscere la propria condizione di schiavitù al peccato. Anche nell’ambito dei figlio di Dio può esserci una condizione di peccato ed è quindi necessario rientrare in se stessi.

(v. 18) Alla condizione di “rientro” deve seguire un’altra azione: alzarsi e andare. In questa parabola troviamo per tre volte la parola servo (vv. 17, 22, 26), che in greco ha tre significati distinti, rispettivamente di servo a giornata, di servo domestico e di servo impiegato nelle stalla.

(v.22) “Portate la veste più bella”. L’originale è portare il vestito più bello, la prima veste. Un tempo c’era il vestito della domenica e quello delle occasioni speciali. Il padre gli da anche l’anello che nella cultura del tempo valeva come autorità. Potremmo dare del “pazzo” al padre nel ridare fiducia ad un figlio che aveva sperperato tutto. Infine, avere i calzari era un segno di possesso di proprietà.

(v. 23) portate fuori il vitello ingrassato. Avevano nella stalla un vitello ingrassato destinato alle occasioni speciali. Quale sarebbe stato il mio o il nostro comportamento? Forse pensiamo di mettere delle condizioni, ma il padre ristabilisce il figlio in tutto. Se il padre avesse posto delle condizioni alla richiesta di rientro del figlio, il figlio sarebbe andato via. L’amore del  padre è stato incondizionato.

Il fratello si adirò. Secondo una logica razionale umana, la reazione del fratello fu giusta. (v.28) …Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici; ma quando è venuto questo tuo figlio che ha sperperato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato.

Il figlio maggiore non lo chiama fratello. Il figlio maggiore di fatto era diventato unico, ma ragionava in un modo legalista: faccio per avere. Non aveva compreso di fatto che tutto era diventato suo.

Il padre rispose (v.32) "ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato".

Al perdono non ci sono né “se” e ne “ma”. Il perdono è perdono. Alla base di tutto c'è l’amore. Possiamo noi gioire quando un fratello viene perdonato e reintegrato? Chi sono io, per ciò che il Signore ha fatto nella vita del mio fratello, di non manifestare gioia? Ricordiamoci dell’amore del padre che è il simbolo e la figura di Dio che ha dato il Suo Figlio a morire sulla croce per i nostri peccati. Di conseguenza dobbiamo perdonare i nostri fratelli. Il capito 15 è il capitolo della gioia (vv.5, 10, 32). Il perdono porta alla gioia.

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