I fondamenti della costanza
- by SP
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11 marzo 2021
Lettura: Ebrei 10:19:39
In questo brano troviamo diverse esortazioni, una delle quali è quella che il credente può avvicinarsi al luogo santissimo senza alcun timore, e mantenere ferma la confessione della sua speranza, senza vacillare. La verità centrale del brano è che siamo chiamati ad essere constanti e perseveranti nel servizio di Dio.
La costanza è la qualità di essere fermi e perseveranti, mentre, la perseveranza consiste nel tenere fede ai propri propositi.
Alla luce di tali definizioni, possiamo notare che la costanza ha un’accezione statica e fa riferimento al fatto di rimanere saldi, fermi in una posizione, in una convinzione, in un ideale. L’epistola agli Ebrei e tutto il nuovo testamento contengono tantissime esortazioni in merito a questa definizione, ad esempio:
(Ebrei 10:23) “manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare”.
Come esseri umani, siamo fragili e labili e abbiamo bisogno di mantener radicate le nostre convinzioni, i nostri ideali. In un mondo di incertezze e verità relative, noi possediamo la verità assoluta: Cristo. Tuttavia gli attacchi che subiamo non sono pochi (evoluzionismo, materialismo, pluralismo religioso, relativismo).
La perseveranza, invece, ha un’accezione dinamica e fa riferimento al fatto di continuare ad andare avanti con determinazione e tenacia nonostante le difficoltà e gli ostacoli che si presentano lungo il percorso. Infatti, i destinatari dell’epistola avevano affrontato in passato, nel momento della loro conversione, non poche problematiche.
Il binomio di costanza e perseveranza, lo possiamo rappresentare con l’immagine di un’equilibrista che cerca di giungere sulla piattaforma opposta con il suo bastone. Il bastone per tenersi in equilibrio rappresenta la costanza mentre, il cammino lungo la corda, rappresenta la perseveranza.
Una sfumatura interessante è rappresentata dall’esortazione: “non abbandonate la vostra franchezza”. Dagli originali questo termine significa letteralmente “libertà di dire tutto”, parafrasando “liberta di esprimere ciò che si ritiene vero”.
Da ciò deduciamo che Dio ci chiama ad esprimere noi stessi e la nostra fede liberamente. Non dobbiamo abbandonare questo senso di libertà nel vivere la fede in Cristo e nel proclamare la verità nella quale abbiamo creduto! In tutto ciò dobbiamo essere costanti e perseveranti.
I fondamenti della costanza sono tre. Due sono di natura motivazionale mentre, l’altro, ha una funzione consolatrice.
Il primo fondamento è la nostra identità in Cristo;
(Ebrei 3:5-6) Mosè fu fedele in tutta la casa di Dio come servitore per rendere testimonianza di ciò che doveva essere annunciato, ma Cristo lo è come Figlio, sopra la sua casa; e la sua casa siamo noi se manteniamo ferma sino alla fine la nostra franchezza e la speranza di cui ci vantiamo.
Per comprendere questo passo dobbiamo capire il significato di “casa di Dio”. Qui l’autore, richiama Numeri 12:7 e, con tale espressione vuole intendere che Mosè fu fedele in tutto ciò che riguardava il servizio del tabernacolo e l’opera che Dio gli aveva comandata di fare. Similmente, Gesù è stato fedele come un servitore della Sua stessa opera. Cristo ha il Suo personale apparato sacerdotale nel quale Egli è il sommo sacerdote e come credenti siamo diventati sacerdoti di Cristo!
(I Pietro 2:5) anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo.
Siamo sacerdoti chiamati a seguire l’esempio di Mosè ed essere quindi fedeli nell’opera di Dio. Siamo parte di questo servizio e di quest’opera se perseveriamo e siamo costanti, altrimenti, pur essendo sacerdoti perdiamo questo ruolo nell’opera di Dio.
Dinanzi a Dio, come credenti, abbiamo un gran valore! Quando tutti credono che siamo dei falliti o dei buoni a nulla, Dio ci considera come sacerdoti al servizio della Sua opera. Inoltre, attraverso l’esercizio del sacerdozio, i credenti possono dimostrare la presenza di Dio in loro e tra loro, proprio come avveniva nell’antico testamento con il tabernacolo.
Il secondo fondamento della costanza è il carattere e l’opera di Dio. Quando riflettiamo e consideriamo quello che Dio è, e ciò che Egli ha fatto per noi, siamo motivati ad essere costanti e perseveranti.
Quando parliamo del carattere di Dio, parliamo del carattere di Gesù, perché Gesù è Dio. Cristo ha manifestato in maniera tangibile il carattere di Dio: l’amore per ciò che Dio ha fatto per noi, la disponibilità verso l’umanità e verso coloro che gli appartengono, la fedeltà perché Dio tiene fede ai suoi patti, la giustizia in relazione alla Sua santità.
Quando parliamo dell’opera di Dio, intendiamo ciò che Cristo ha fatto per noi (Ebrei 7;10:18). In Cristo abbiamo libero accesso nel luogo santissimo. In Cristo siamo costantemente alla presenza di Dio. In Cristo possiamo avvicinarci con cuore sincero e piena certezza di fede davanti a Dio. In Cristo abbiamo riposto la nostra fede in Colui che è degno di fiducia.
(Ebrei 19:10) Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo per mezzo del sangue di Gesù, per quella via nuova e vivente che egli ha inaugurata per noi attraverso la cortina, vale a dire la sua carne, e avendo noi un grande sacerdote sopra la casa di Dio, avviciniamoci con cuore sincero e con piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi di quell'aspersione che li purifica da una cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.
Dio è sempre per noi, anche quando gli altri ci abbandoneranno. Dio vuole sempre e comunque il meglio per noi. Egli ha costantemente il controllo della nostra vita.
Il terzo fondamento della costanza è la ricompensa. Quando si parla di ricompensa ci si riferisce principalmente al fatto che i credenti saranno partecipi al regno di Gesù Cristo. Erroneamente, tante volte, crediamo sia questa la motivazione che ci deve spingere ad essere costanti e perseveranti, ma l’enfasi dell’autore dell’epistola è il nostro rapporto con Dio e la consapevolezza della nostra identità in Cristo.
In questo senso, la ricompensa ha la funzione di consolare il nostro cuore in mezzo alle difficoltà che si possono incontrare lungo il cammino cristiano.
(Ebrei 10:32-34) Ma ricordatevi di quei primi giorni, in cui, dopo essere stati illuminati, voi avete dovuto sostenere una lotta lunga e dolorosa: talvolta esposti agli oltraggi e alle vessazioni; altre volte facendovi solidali con quelli che erano trattati in questo modo. Infatti, voi simpatizzaste con i carcerati e accettaste con gioia la ruberia dei vostri beni, sapendo di possedere una ricchezza migliore e duratura.
(I Corinzi 15:58) Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, incrollabili, sempre abbondanti nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore.
Se intendiamo la ricompensa come “un tornaconto” di una lista da cose da fare, diventiamo religiosi. Se invece curiamo il nostro rapporto con Dio e siamo consapevoli di ciò che siamo, fare la volontà di Dio diventerà una nostra personale convinzione, i pensieri di Dio saranno i nostri pensieri, e non avremmo alcun peso nell’ubbidire a Dio.
La ricompensa di Dio è grande (supera di gran lunga tutto quello che noi possiamo immaginare ci soddisferà appieno), migliore (tutto ciò che ci offre Dio ha un valore ed una qualità più elevati rispetto alle ricchezze di questa terra), e duratura (mentre tutte le ricchezze della terra hanno una natura effimera, quello che Dio offre ha una natura eterna e stabile).
Tutto ciò che facciamo per Dio non è vano, ma avrà il giusto riconoscimento, un premio, una ricompensa: una fetta di dominio all’interno del regno messianico;
Investire nell’opera di Dio costituisce un investimento sicuro, ricco di profitti eterni, mentre investire in questa vita, lascia il tempo che trova ed ha una portata temporanea.