Consapevoli di essere deboli
- by D. Paradiso
-
Visite: 239
28 ottobre 2021
Lettura: II Corinzi 12:1-10
Siamo il popolo di Dio. Sembra superfluo ribadire un concetto del genere, ma Dio ci ha adottati ad essere suoi figli. Spesso siamo poco riconoscenti verso il nostro Padre di questo. È una considerazione perché la nostra umanità cerca sempre il sopravvento sulla divinità di Dio. Siamo il frutto di una insubordinazione in un giardino in cui è stata rifiutata la parola di Dio verso quello che si credeva il bisogno di acquistare una conoscenza.
Abbiamo la conoscenza tale che ci permette di dialogare con Dio, è questa è una libertà che Egli ci ha concesso attraverso l’opera di Cristo. Siamo il popolo che Egli gradisce e lo siamo solo per la sua grazia. Questo deve porci in una condizione di bisogno affinché Dio continui a sostenerci con il suo intervento. Con la riunione di preghiera si esprimono i bisogni, le necessità, le debolezze della chiesa e che il suo Spirito si manifesti all’interno della chiesa stessa.
Paolo parla di una visione che fa ricevuto all’inizio del suo ministerio per incoraggiarlo e sostenerlo nel compito che Dio gli aveva affidato. Stefano ebbe una visione perché vide i cieli aperti. Filippo viene rapito per essere portato in un'altra città (Atti 8), come lo fu anche l’apostolo Giovanni quando venne rapito, ma Paolo, nella sua visione ebbe una rivelazione.
Quando si parla di cielo nella scrittura ci si può riferire all’atmosfera che possiamo vedere intorno a noi, o al secondo cielo in cui vi è la presenza de demoni, e poi vi è il terzo cielo, in cui vi è la presenza di Dio.
(Apocalisse 2:7) Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese: a chi vince io darò da mangiare dell'albero della vita, che è in mezzo al paradiso di Dio.
Paolo ebbe l’incontro con Dio nel terzo cielo. Paolo venne rapito in paradiso e udì parole ineffabili che l’uomo non può udire. È un parlare intellegibile e non conoscibile dall’umanità, ma solo dallo Spirito. Dio fa una rivelazione a Paolo che comprende lo stato in cui si trova Paolo. La visione ha lo scopo di incoraggiare e rafforzare la sua fede.
(II Corinzi 12:10) Perciò io mi diletto nelle debolezze, nelle ingiurie, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle avversità per amore di Cristo, perché quando io sono debole, allora sono forte.
Paolo in questa visione non si è soffermato minimamente sul futuro, anche se viveva in una situazione non facile e che l’avrebbe potuto portalo ad elevarsi superiore agli altri. Il messaggio che noi trasmettiamo e che viviamo, parla di noi. Nella chiesa non è detto che tutti devo essere uguali e allo stesso livello, ma ci sono dei compiti e dei doni che vengono dati per l’edificazione della chiesa, e nessuno può vantarsi di un dono ricevuto.
(II Corinzi 12:7) E perché io non avessi a insuperbire per l'eccellenza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi affinché io non insuperbisca.
Paolo parla di spina nella carne. Una sofferenza che lo indeboliva nel suo compito (una malattia o un disprezzo). I giudei si aspettavano di vedere in Paolo una persona forte, capace e senza problemi perché estremamente benedetta da Dio, ma in realtà vedevano un uomo bisognoso di affetto e di comprensione.
(II Corinzi 12:8-9) Tre volte ho pregato il Signore perché l'allontanasse da me; ed egli mi ha detto: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza». Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me.
La volontà di Dio era un’altra e Dio conferma la sua grazia a Paolo affermando di vantarsi delle sue debolezze e non di essere stato portato al terzo cielo. Che posto occupa la consapevolezza delle nostre debolezze? Può capitare che ci nascondiamo dietro le nostre debolezze come fece il terzo servitore nella parabola dei talenti (Matteo 25), il quale si sentiva debole e incapace di amministrare il lascito del suo signore e che, alla fine, non venne apprezzato e incoraggiato. Paolo afferma invece: mi glorierò delle mie debolezze.
Cristo ci ha fatto vincitori anche sulle nostre mancanze per essere la sua immagine ed essere importatori della sua gloria. Se non ci sentiamo all’altezza del compito che Dio ci chiama, allora sminuiamo la potenza dello Spirito Santo. Dio ci ha dato il suo Spirito perché ci permette di operare le opere che Lui ha precedentemente ordinato (Efesini 2:10).
(Matteo 24:46) Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà così occupato!
Beati il servo che Dio troverà occupato e impegnato a dare ad altri ciò che il Padrone gli ha lasciato. Il premio che il servo riceverà e sarà quello di essere costituito su tutti i beni del suo padrone. Dio darà questi tesori e queste ricchezze a chi sarà trovato occupato nelle sue cose. Non siamo deboli da non poter operare o incapaci di rispondere alla chiamata di Dio. Questo vale nella vita di tutti giorni e nella vita della chiesa.
Questo deve stimolarci a ricevere da Dio un dono per essere utili alla crescita della chiesa. Se ci reputiamo deboli o incapaci, allora pensiamo che Dio ha sbagliato a chiamarci.
La chiesa oggi ha bisogno di credenti che accettano il compito che Dio gli affida senza vergognarsi e senza credersi incapaci. È difficile prendere impegni nella chiesa e nel servizio del Signore, ma è estremamente efficace nella propria vita. In questa debolezza Dio manifesta tutta la sua forza.