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Amos da Tecoa

Amos da Tecoa

by AR
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05 dicembre 2021
Lettura: Amos 1:1-2

(Amos 1:1-2) Parole di Amos, uno dei pastori di Tecoa, che ebbe in visione riguardo a Israele, al tempo di Uzzia, re di Giuda, e al tempo di Geroboamo, figlio di Ioas, re d'Israele, due anni prima del terremoto. Egli disse: «Il SIGNORE rugge da Sion, egli fa sentire la sua voce da Gerusalemme; i pascoli dei pastori sono desolati e la vetta del Carmelo è inaridita».

Dopo la frase di apertura del libro di Amos, che introduce la figura del profeta informandoci sulla sua professione, sul suo luogo di nascita e il suo ambiente storico, viene pronunciato un giudizio contro otto nazioni che segue una progressione: si va dai nemici di vecchia data per Israele, a popoli con legami consanguineità per poi arrivare in un modo più stretto a Israele.

Dio si interessa di tutti i popoli delle nazioni e non solo di coloro che ha tratto fuori dall’Egitto con cui ha instaurato un rapporto particolare, o del popolo che Dio si è acquistato tramite Cristo.

(I Pietro 2:9-10) Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia.

(Amos 4:12) Perciò, ti farò come ho detto, o Israele. Poiché farò questo contro di te, preparati, Israele, a incontrare il tuo Dio!

Amos rivolge queste parole “preparati a incontrare il tuo Dio”. Un messaggio che vale in ogni tempo. C’è un tempo di preparazione sulla terra in vista dell’incontro con Dio, e il periodo che si vive sulla terra dev’essere un periodo di preparazione perché, dopo la morte, c’è il giudizio. Come dobbiamo prepararci a incontrare Dio? Dobbiamo innanzitutto essere riconciliati e ottemperare alle richieste della sua Parola. L’uomo peccatore è condannato, ma Dio ha provveduto la giustificazione per fede per entrare in un nuovo rapporto con Lui. La giustificazione è il più grande miracolo che può realizzare una vita giusta e santa. Dobbiamo essere sempre pronti a incontrare Dio.

L’attività del profeta è collocata ai tempi di Uzzia di Geroboamo ed il messaggio è rivolto a chi visse in quei luoghi in quel determinato periodo. L’epoca di Uzzia (783 – 742 a.C.) e di Geroboamo (786-746 a.C.) fu di calma, pace e prosperità, sia per Israele, e sia per Giuda. Il terremoto menzionato è datato nel 760 a.C.

Il nome Amos deriva dal verbo ebraico che significa “caricare” o “portare un peso” o “fardello”. Martin Lutero collega l’appellativo “fardello” ad una persona irritante con la quale è difficile andare d’accordo”.

Ora immaginiamo che sullo sfondo di un epoca in cui si godeva di un notevole benessere, in cui si beveva vino con l’accompagnamento di musica di nuova composizione (Amos 6:4-6), in cui l’edilizia e gli affari stavano conoscendo un vero e proprio boom, in cui in altre parole la gente si sentiva sicura e guardava al futuro con ottimismo, arriva Amos e richiama l’attenzione su una “tempesta” imminente che di lì a poco stava per abbattersi. Gli venne proibito di profetizzare dal sacerdote Amasia, ma egli non si tirò indietro.

(I Tessalonicesi 5:1-3) Quanto poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; perché voi stessi sapete molto bene che il giorno del Signore verrà come viene un ladro nella notte. Quando diranno: «Pace e sicurezza», allora una rovina improvvisa verrà loro addosso, come le doglie alla donna incinta; e non scamperanno.

Amos era un pastore, ma il termine “pastore” e anche usato per designare Mesha il re di Moab (II Re 3:4), ovvero un allevatore di bestiame che possedeva centinaia di migliaia di capi. In altre parole Amos non era un semplice campagnolo solitario che vagava da un pascolo ad un altro con poche pecore sotto la sua custodia, ma lo potremmo paragonare ad un allevatore su larga scala.

(Amos 7:14-15) Allora Amos rispose: «Io non sono profeta, né figlio di profeta; sono un mandriano e coltivo i sicomori. Il SIGNORE mi prese mentre ero dietro al gregge e mi disse: "Va', profetizza al mio popolo, a Israele".

Amos si occupava anche di agricoltura perché coltivava sicomori. Il sicomoro è una pianta di fico che raggiunge i 20 metri di altezza e i 6 metri di larghezza e, i cui frutti, sono raccolti per uso alimentare. La pianta ha anche proprietà da cui possono derivare prodotti cosmetici e medicinali. Un riferimento a questo albero, nella bibbia lo troviamo in Luca 19:1-10: Zaccheo, essendo un uomo basso di statura, salì sopra un sicomoro per vedere Gesù.

Amos lo possiamo definire un profeta atipico in quanto dichiara di non essere né profeta e né figlio di profeta, ma un uomo che Dio ha chiamato per profetizzare al popolo d’Israele. Un uomo ricco e influente che spiega chiaramente che aveva sentito la chiamata del Signore mentre stava svolgendo il suo lavoro quotidiano.

Amos proviene dalla città di Tecoa. Michea era di Morèset. Osea era figlio di Beeri, Gioele era figlio di Petuel e Giona figlio di Ammittai. Una persona può essere di Moreset o di Tecoa. Gesù era di Nazaret.

Tecoa era nota per il buon senso dei suoi abitanti, una sorta di saggezza popolare che si esprimeva nelle parole e nelle azioni di persone come, ad esempio, “la donna saggia di Tecoa” (II Samuele 14:2). In altre parole Amos proveniva da un luogo in cui, la saggezza popolare che si può trovare nel libro dei proverbi, era parte del clima in cui visse, in cui il timore di Dio era il principio della sapienza, in cui vi era la capacità di vedere la vita dalla stessa prospettiva di Dio e di saper scegliere in che modo agire.

La saggezza è un meraviglioso tesoro, che Dio offre ad ogni credente e produce sempre un frutto di giustizia.

(Proverbi 1:7) Il timore del SIGNORE è il principio della scienza;

(Giacomo 1:5) Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data.

Il ruggito del leone è paragonato alla voce di Dio. Amos sicuramente avrà udito diverse volte il ruggito del leone nel momento in cui afferra la preda e ha visto anche cosa è in grado di farle. Probabilmente ci avrà rimesso anche qualche capo di bestiame. Il leone è definito il più forte degli animali ed è simbolo di una potenza che incute terrore.

Amos aveva udito la voce del Signore e non si era trattato affatto del “dolce sussurrare” come invece riferito dal profeta Elia. L’unica cosa a cui era riuscito a paragonare la voce di Dio, era il ruggito del leone. Un rombo collocato all’inizio del libro che bisogna tener ben presente quando si leggono tutti i detti di Amos.

Chi non si sarebbe terrorizzato o chi si sarebbe potuto astenersi dal profetizzare? Amos non era un uomo la cui vita era consacrata alla ricezione e alla trasmissione della Parola del Signore. Non era un “veggente” di professione, ma lasciò il suo gregge per un limitato periodo di tempo su ordine di Dio al fine di comunicare a Bethel un preciso messaggio per poi tornare a pascere le sue pecore a Tecoa.

Quando Amos tornò a pascere le sue pecore, dopo aver profetizzato, era un uomo pronto e preparato al giudizio di Dio che di lì a poco si sarebbe riversato su Israele. Tu sei pronto e preparato al giudizio di Dio?

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