Michea - costruttori di pace
- by AR
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04 dicembre 2022
Lettura: Michea 3; 4:1-5
Il significato del nome Michea è “chi è come Dio?”. Michea proveniva dalla città di Moreset (sud-est di Gerusalemme) può definirsi un uomo di grande sensibilità perché è addolorato dal catastrofico messaggio di cui si fa portavoce, ma anche di grande solidarietà nei confronti del popolo oppresso dai loro capi.
Il capitolo primo descrive l’intenso dolore di Michea nel vedere le armate Assire che nel 700 a.C. arrivarono fino alle porte di Gerusalemme. Il motivo di tale catastrofe è la conseguenza della trasgressione: uomini che detenevano il potere, denaro e conoscenze sufficienti ottenevano ciò che volevano a danno di altri. Accumulare le cose di altri o, in altri termini il desiderio smodato ed egocentrico di ottenere ciò che appartiene ad un altro (leggasi cupidigia). Esempi come la storia tra Davide e Bat-Scheba che ebbe come conseguenza la morte di Uria, o come il piano architettato da Acab e sua moglie Izebel la quale fece lapidare Nabot per impadronirsi di un pezzo di terreno in cui Acab voleva farsi un orto.
Il libro lo possiamo suddividere in tre sezioni in cui vi è un’alternanza di catastrofe e di speranza. La prima sezione interessa i primi due capitoli è la potremmo riassumere con il motto “più si ha, e più si desidera”. L’insegnamento che abbiamo nella parola di Dio è quello di far morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia che è idolatria (Colossesi 3:5).
Il messaggio di speranza che termina la prima sezione del libro è che Dio radunerà il suo popolo.
(Michea 2:12-13) Io ti radunerò, o Giacobbe, ti radunerò tutto quanto! Certo io raccoglierò il resto d'Israele; io li farò venire assieme come pecore in un ovile; come un gregge in mezzo al pascolo; il luogo sarà pieno di gente.
(Michea 3:1-2) Io dissi: «Ascoltate, vi prego, o capi di Giacobbe, e voi funzionari della casa d'Israele. Non spetta a voi conoscere ciò che è giusto? Ma voi odiate il bene e amate il male, scorticate il mio popolo e gli strappate la carne dalle ossa.
Il profeta si rivolge ai capi d’Israele in cui risiede il compito dell’instaurazione e del mantenimento della giustizia. Michea accusa i capi di odiare il bene e amare il male. La conservazione della giustizia implica l’amore per il bene e questo ci si aspetta da capi responsabili. Cercare la giustizia significa smettere di fare il male e trovare un rimedio all’oppressione e prestare particolare attenzione agli indifesi.
(Michea 3:4) Allora grideranno al SIGNORE, ma egli non risponderà loro; in quei giorni, egli nasconderà loro la sua faccia, perché le loro azioni sono state malvagie.
Quando i capi si troveranno sommersi dalle difficoltà, grideranno il Signore che non verrà in loro aiuto: nessuna risposta (Numero 6:24).
Come credenti siamo chiamati ad avere passione per la giustizia se vogliamo Dio dalla nostra parte. Questo è l’amore per bene. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia (Matteo 6:33)
(Michea 3:5) Così parla il SIGNORE riguardo ai profeti che sviano il mio popolo e che gridano: «Pace!» quando i loro denti hanno qualcosa da mangiare, ma dichiarano la guerra santa contro chi non mette nulla nella loro bocca.
Il profeta si rivolge ai profeti i quai vengono accusati del fatto che il contenuto dei loro messaggi non è determinato da ciò che hanno udito da Dio, ma dall’entità del compenso che hanno ricevuto. Quando la paga è alta, parlano di pace e prosperità, quando la paga è bassa, minacciano la guerra santa. Profeti che sviano il popolo.
(Michea 3:7) I veggenti saranno coperti di vergogna, e gli indovini arrossiranno; tutti si copriranno la barba, perché non vi sarà risposta da Dio.
Il risultato di questa trasgressione? Nessuna risposta da Dio. L’anteporre la preoccupazione per le cose materiali alla fede, ha come conseguenza il silenzio di Dio. Se il nostro cuore non è alimentato da alcuna passione per la giustizia di Dio, vuol dire che non abbiamo niente da comunicare. In questo contesto che Michea fa una rara affermazione che dobbiamo farla anche nostra: io sono pieno di forza, dello Spirito del SIGNORE, di giustizia e di coraggio.
(Michea 3:9-10) Ascoltate, vi prego, o capi della casa di Giacobbe, e voi guide della casa d'Israele, che detestate ciò che è giusto e pervertite tutto ciò che è retto, che costruite Sion con il sangue e Gerusalemme con l'ingiustizia!
Infine Michea si rivolge ancora ai capi che detestano ciò che è giusto. Detestare significa considerare qualcosa del tutto da respingere per ragione culturale o morali (in senso stretto le carni di animali impuri, le perversioni sessuali, gli idoli), ma in questo caso i capi detestano la giustizia.
(Michea 3:11-12) i suoi capi giudicano per ottenere regali, i suoi sacerdoti insegnano per un profitto, i suoi profeti fanno predizioni per denaro, e tuttavia si appoggiano al SIGNORE e dicono: «Il SIGNORE non è forse in mezzo a noi? Non ci verrà addosso nessun male!». Perciò, per causa vostra, Sion sarà arata come un campo, Gerusalemme diventerà un mucchio di rovine, e il monte del tempio un'altura boscosa.
Sia i funzionari pubblici, sia i sacerdoti e i profeti sono accusati di aver immolato la loro integrità sull’altare del denaro e si riempiono la loro bocca ostentando una falsa sicurezza: Il SIGNORE non è forse in mezzo a noi? Non ci verrà addosso nessun male!
Se nelle prime due accuse la risposta è stata il silenzio di Dio, in quest’ultimo caso Dio non è proprio nominato, e il profeta dice semplicemente che Sion, in cui si potevano ammirare capolavori architettonici che avevano richiesto centinaia di anni di lavoro, diventerà un campo arato con una manciata di alberi sparsi. Un altro genere si silenzio. E questo accadde nel 588 a.C.
(Michea 4:1-5) Ma negli ultimi tempi, il monte della casa del SIGNORE sarà posto in cima ai monti e si eleverà al di sopra delle colline e i popoli affluiranno ad esso. Verranno molte nazioni e diranno: «Venite, saliamo al monte del SIGNORE, alla casa del Dio di Giacobbe; egli c'insegnerà le sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri!» Poiché da Sion uscirà la legge, da Gerusalemme la parola del SIGNORE. Egli sarà giudice fra molti popoli, arbitro fra nazioni potenti e lontane. Dalle loro spade fabbricheranno vòmeri, dalle loro lance, ròncole; una nazione non alzerà più la spada contro l'altra e non impareranno più la guerra.
In questi versi vi è una visione di pace in cui il profeta 1) annuncia la gloria futura del monte del tempio e la felicità ideale del popolo; 2) annuncia un messaggio di speranza che include anche le nazioni potenti e lontane che desidereranno diventarne partecipi; 3) un messaggio di speranza che include un disarmo mondiale e un’espressione riguardo al ruolo centrale che avrà Gerusalemme; 4) una collocazione temporale, “negli ultimi tempi” in cui ci sarà la realizzazione di questa visione.
Il messaggio del vangelo è scaturito da Gerusalemme, luogo dove Cristo è morto, è risorto ed è asceso al Padre e dove gli apostoli ricevettero il loro incarico di proclamare il vangelo. Con la venuta di Cristo ha dato inizio alla fase temporale “ultimi tempi” che terminerà con il giudizio finale.
È un chiaro riferimento al regno milleniale in cui satana sarà legato per mille anni e non potrà sedurre le nazioni. L’esatto parallelo del brano di Michea 4:1-5 lo troviamo in Isaia 2:2-4. Le caratteristiche di questo regno sono descritte in Isaia 11:6-10.
Il lupo abiterà con l'agnello, e il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato staranno assieme, e un bambino li condurrà. La vacca pascolerà con l'orsa, i loro piccoli si sdraieranno assieme, e il leone mangerà il foraggio come il bue. Il lattante giocherà sul nido della vipera, e il bambino divezzato stenderà la mano nella buca del serpente. Non si farà né male né danno su tutto il mio monte santo, poiché la conoscenza del SIGNORE riempirà la terra, come le acque coprono il fondo del mare. In quel giorno, verso la radice d'Isai, issata come vessillo dei popoli, si volgeranno premurose le nazioni, e la sua residenza sarà gloriosa.
Come credenti siamo chiamati sempre a ricercare la giustizia di Dio per essere comunicatori della fede e costruttori di quella pace che il mondo non da.
(Giovanni 14:27) Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti.