Non dimenticare i benefici di Dio
- by PR
-
Visite: 301
21 maggio 2020
Lettura: Malachia 1:1-5
La prima difficolta che s’incontra quando si esamina un libro dell’antico testamento, è la sua collocazione storica. Per comprendere meglio il messaggio del profeta Malachia, è importante determinare il periodo storico. Parte dei critici moderni ritengono che il libro Malachia sia stato scritto da un profeta anonimo dato che lo stesso nome era molto comune in Israele. Il nome Malachia significa “il mio messaggero”. Malachia fu un profeta importante in Gerusalemme perché visse e predicò la Parola di Dio. Malachia è l’ultimo dei profeti della Bibbia e molti lo considerano il sigillo dei profeti perché con lui si chiude l’antico testamento.
Nella lettura di questo libro si assiste ad una disputa con tante forme di domande e risposte, tra il profeta, Dio e gli Israeliti. Questa disputa non è un semplice litigio fatto per strada, ma dà l’idea di un ambiente di tribunale dove Dio è l’imputato che viene chiamato a difendersi da due accuse: Dio non ha amato il suo popolo e Dio non ha agito con giustizia secondo le Sue promesse fatte al popolo d’Israele. La situazione di fatto si capovolge: Dio dimostrando la colpevolezza del popolo d'Israele. La conclusione del libro è meravigliosa perché Dio rinnova la Sua misericordia nonostante il male che Israele aveva fatto verso Dio, perché Dio ama Israele.
Non possiamo stabilire la data del libro, ma in base ad alcune evidenze che troviamo in esso, possiamo dargli una collocazione storica. Tra le evidenze notiamo che nel libro si parla di offerte di sacrificio, e ciò preclude che il tempio era stato ricostruito. Un'altra evidenza è il parallelismo della problematica dei matrimoni misti descritta anche nel libro di Neemia (13:25). Possiamo quindi collocarlo storicamente al profeta Neemia e dopo la ricostruzione del tempio. Malachia combatté la stessa battaglia del profeta Neemia: il popolo d’Israele si era dimenticato delle leggi del Signore.
Altro problema che viene evidenziato nel libro di Malachia è la rilassatezza. Il nome di Dio era disprezzato perché offrivano dei sacrifici contaminati e imperfetti contrariamente allo zelo dimostrato degli Israeliti di ritorno dall’esilio.
È interessante notare che il libro di Malachia si apre con la parola “oracolo”. Nel nuovo testamento gli oracoli indicano le scritture (Ebrei 5:12 – I Pietro 4:11), ovvero l’insieme degli insegnamenti e delle dottrine. Nell’antico testamento, invece, oracolo è tradotto dalla parola ebraica maśśā', che significa letteralmente fardello, peso. In altri termini il fardello del messaggio di Dio che il profeta doveva trasmettere al popolo.
Nel libro di Sofonia (2:5) troviamo scritto la parola del Signore è rivolta contro di te, ma in Malachia, benché l’oracolo contenga un giudizio, ha un aspetto consolante. Nel libro di Malachia l’oracolo quindi non è contro Israele, ma per Israele.
(v. 2-3) «Io vi ho amati», dice il SIGNORE; «e voi dite: "In che modo ci hai amati?" Esaù non era forse fratello di Giacobbe?», dice il SIGNORE, «eppure io ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù; ho fatto dei suoi monti una desolazione e ho dato la sua eredità agli sciacalli del deserto».
Osserviamo al v. 2 che il popolo d’Israele si è lamenta verso Dio e non è l’unica volta (Geremia 15:18). Infatti, se consideriamo la storia del popolo d’Israele nell’interezza e attraverso la Bibbia, possiamo solo riconoscere l’amore di Dio. Anche noi spesso ci lamentiamo quando siamo afflitti, o quando subiamo una perdita, o quando siamo nel buio della notte e attraversiamo la valle oscura, allora gridiamo: “Dio, come hai potuto farmi tutto questo?”. Quando si vive in uno stato di sofferenza, non arreca tanto sollievo sentire parlare dell’amore di Dio.
Il popolo d’Israele conosceva bene come Dio era intervenuto in loro favore quando era circondato dai nemici, e ciò rendeva più doloroso lo stato in cui attualmente si trovava. Per Giobbe diventava ancor più difficile comprendere la ragione della sua sofferenza quando gli veniva ricordato l’amore di Dio. È una verità contrastante perché se Dio mi ama non devo soffrire, ma questa è il nostro modo di pensare. Dio ci ama, e non ci lascerà mai in balia del nemico, dei nostri problemi. Dio non ci abbandonerà mai ed avrà sempre cura di noi. La tempesta che pervade è certezza della promessa del Signore che non ci abbandonerà mai e non saremo mai provati oltre le nostre forze (1 Corinzi 10:13).
Dio ha amato Giacobbe (v. 3). Nel libro della Genesi, se confrontiamo le promesse fatte a Giacobbe rispetto a quelle fatte ad Esaù, il contrasto è talmente grande tanto quando quello che c’è tra amore e odio. Per analogia possiamo considerare anche l’affermazione di Gesù quando dice (Luca 14:26) «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo. Nessuno ovviamente è chiamato ad odiare i propri genitori, ma il senso di questa affermazione di Gesù è che l’amore che si deve avere per Dio non può paragonarsi all’amore che si deve avere verso la propria famiglia, esattamente come sono imparagonabili l’amore e l’odio.
Dio ha amato Israele, e Israele risponde: in che modo tu ci hai amati?
Dio ha scelto Israele come il suo popolo particolare (Deuteronomio 7:6-8). Dio ha scelto Israele perché lo ama. Dio ha scelto il popolo d’Israele per una vocazione, per un compito, per una chiamata: santificare la terra. Un popolo che doveva glorificare il nome di Dio ed essere la Sua testimonianza.
Non potremo mai spiegare fino in fondo l’amore di Dio. Alcuni affermano che l’amore di Dio è assiomatico, è motivato, ma è inspiegabile.
Chi potrà mai comprendere la grazia della scelta di un Dio sovrano? (W. MacDonald).
Al tempo di Malachia quindi Dio amava Israele, ma Israele si era stancato di questo amore a tal punto di rinnegare anche la Sua esistenza e di vivere in disubbidienza. Di fatto la reazione del popolo è stata quella di affermare: in che modo ci hai amati? Dio fece grandi prodigi per il popolo d’Israele, ma ciò non ebbe alcuna rilevanza, e di fatto accusò Dio.
Non deve quindi stupirci se la stessa frase possono dirla le persone che ascoltano la predicazione della Parola di Dio perché il cuore degli uomini è indurito dal peccato e non ha gli occhi per riconoscere l’amore di Dio. L’uomo con più facilità ricorderà il male che ha subito anziché il bene.
Dio ti ama e non importa il male che tu abbia fatto se accetti l’amore di Dio.
Il popolo d’Israele viveva in un periodo di rilassatezza perché non c’erano guerre, e doveva affrontare solo la quotidianità della vita. Aveva bisogno di qualche persecuzione che lo aiutasse a rinvigorire l’affetto verso il Signore, ma il giudizio di Dio su Edom, sarebbe stata la prova del Suo amore che il popolo avrebbe riconosciuto.
(v.5) I vostri occhi lo vedranno e voi direte: "Il SIGNORE è grande anche oltre i confini d'Israele”.
Quando la tempesta è intorno a noi, tendiamo a dimenticare i benefici che Dio ci ha donato, ma dobbiamo invece trovare la forza di riaggrapparci alle promesse di Dio, perché Egli è fedele. Non accusiamo Dio del male che ci capita, perché è colpa del male che imperversa nel mondo.