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Mantieni vivo

Mantieni vivo

by LM
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08 settembre 2022
Lettura: testi vari

La lettera di II Timoteo fu probabilmente l’ultima scritta dall’apostolo Paolo,  mentre si trovava carcerato a Roma, durante il regno di Nerone nel 67 d.C. aspettando di subire il suo martirio. Quest’epistola ha un carattere esortativo e più “personale” o emozionale perchè furono gli ultimi istanti della vita di Paolo. Lo scopo dell’epistola era di incoraggiare Timoteo nella sua vita e nel suo ministerio, a rimanere fedele all’evangelo nonostante le difficoltà e le sofferenze. Infatti le due epistole di Timoteo e quella di Tito fanno sono dette epistole pastorali.

(II Timoteo 1:1-14) Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesù, a Timoteo, mio caro figlio: grazia, misericordia e pace da Dio il Padre e da Cristo Gesù, il nostro Signore. Rendo grazie a Dio, che servo come già fecero i miei antenati con pura coscienza, poiché non cesso mai di ricordarmi di te nelle mie preghiere giorno e notte; ripensando alle tue lacrime, desidero vivamente di vederti per essere ripieno di gioia, mentre ricordo la fede non finta che è in te, e che abitò prima in Loide tua nonna ed in Eunice tua madre, e sono persuaso che abita anche in te. Per questa ragione ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l'imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di paura, ma di forza, di amore e di disciplina. Non vergognarti dunque della testimonianza del Signor nostro, né di me suo prigioniero, ma soffri anche tu con me per l'evangelo, sostenuto dalla potenza di Dio, che ci ha salvati e ci ha chiamati con una santa vocazione, non in base alle nostre opere, ma secondo il suo scopo e grazia, che ci è stata data in Cristo Gesù prima dell'inizio dei tempi, ed ora è stata manifestata con l'apparizione del Salvator nostro Gesù Cristo, che ha distrutto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo dell'evangelo, di cui io sono stato costituito araldo, apostolo e dottore dei gentili. Per questo motivo io soffro anche queste cose, ma non me ne vergogno, perché so in chi ho creduto, e sono persuaso che egli è capace di custodire il mio deposito fino a quel giorno. Ritieni il modello delle sane parole che hai udito da me nella fede e nell'amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci il buon deposito che ti è stato affidato mediante lo Spirito Santo che abita in noi.

L’apostolo Paolo si rivolge a Timoteo in modo confidenziale “mio figlio legittimo nella fede” che denota un rapporto stretto, protettivo e di affetto speciale. Timoteo crebbe con gli insegnamenti di Paolo. Timoteo fece alcuni viaggi missionari insieme a Paolo, fondando delle chiese e affrontando tantissime esperienze (II Timotee 3:10-12).

Paolo conserva il ricordo di Timoteo e della sua famiglia (vv. 3-5). Paolo prega per Timoteo ogni giorno e questo ci mostra la relazione quotidiana che l’apostolo Paolo aveva con Dio, una relazione continua di preghiera nella giornata e addirittura anche nella notte. L’adorazione è uno stile di vita, mentre lavoriamo, mentre siamo a casa, con la famiglia, durante le faccende domestiche dovremmo avere un atteggiamento di adorazione e preghiera in relazione con il nostro Padre celeste. Paolo ricorda anche le “lacrime di Timoteo” che potrebbero essere delle sofferenze che Timoteo probabilmente aveva avuto. Paolo desiderava la compagnia di Timoteo e di rivederlo per l’ultima volta, perciò in questa epistola gli chiede di raggiungerlo a Roma. Anche Paolo si sentiva solo e scoraggiato (essendo in prigione) quindi in una situazione spiacevole, e aveva bisogno del sostegno degli amici credenti. Paolo ricorda la fede di Timoteo, autentica e sincera, che va dalla nonna Loide alla mamma Eunice, le quali  hanno avuto un grande impatto anche nella vita e nella fede di Timoteo.

Nei versi da 6 a 9, troviamo per ancora una volta il verbo ricordare, ma che ha un carattere esortativo. Paolo esorta Timoteo di mantenere vivo il dono che aveva. Ciascuno di noi ha uno o più doni dello Spirito Santo, e abbiamo bisogno di conoscere, esercitare e mantenere vivo il nostro dono ogni giorno.  A volte ci capita di rimanere nella fase di stallo, nell’abitudine, come se siamo più freddi nel vivere il nostro cammino con Dio e cosi avviene che il nostro dono viene assopito non esercitandolo più, forse Timoteo si trovava in questa condizione e aveva bisogno di ravvivare il dono. Dobbiamo prendere coscienza dello stato spirituale in cui ci troviamo e riprendere ad esercitare il dono, la capacità che abbiamo ricevuto.

Paolo esorta il giovane Timoteo a unirsi a lui coraggiosamente nella sofferenza per l’evangelo. Perché soffrire per l’evangelo? Seguire Cristo, vivere per Cristo ha un costo, se abbiamo deciso di seguire Cristo dovremmo aspettarci le sofferenze. La sofferenza può sembrarci qualcosa di negativo, ma se l’evangelo è qualcosa di positivo, perché c’è sofferenza nell’evangelo? A Cristo stesso piacque a di soffrire e morire, affinchè noi ricevessimo il perdono, la grazia, la vita eterna.

(II Timoteo 3:12) Infatti tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati.

Spesso le sofferenze sono necessarie per un fine positivo. E dalla sofferenza che nascono le cose migliori. Il vero amore è quello che si sacrifica, quello che ha un costo. Un genitore soffrirebbe per amore se vedesse il proprio figlio soffrire. Questo è l’amore che partecipa alla sofferenza.

Il vangelo è il motivo che ci spinge a soffrire per Cristo (Atti 9:15-16), ed abbiamo un’elenco di motivi per farlo: Cristo ci ha salvati non per opere, ma per grazia (Efesini 2:8); Cristo sulla croce ha distrutto la morte e la nostra condizione di peccato; Cristo ci ha donato una vita nuova e l’immortalità.

La fiducia di Paolo era riposta completamente in Dio. La responsabilità che abbiamo è quello di diffondere il vangelo.

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